Acqua pubblica, manifestazione regionale sabato 28 a Piazza Matteotti per protestare contro la legge regionale di riordino.

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acquapubblica28novIl tema della manifestazione di sabato 28 novembre a Napoli riguarda la gestione di un bene indispensabile alla vita, che sfugge al controllo dei cittadini e dei sindaci che li rappresentano.

Nell’acqua si sono sviluppate le prime forme di vita e senza di essa la vita diviene impossibile, ma perché questa verità venga riconosciuta formalmente nel diritto istituzionale è necessario il contributo massiccio di tutti i cittadini.

Il Parlamento Europeo ha riconosciuto il diritto all’acqua solo l’8 settembre scorso grazie allla peti-zione on line “Right2Water”.
(http://www.right2water.eu/it/node/532).

Le risoluzioni internazionali del 2010: 64/292 delle Nazioni Unite e 15/09 del Consiglio per i Diritti Umani non si sarebbero ottenute senza lo stimolo di comuni cittadini che, nel “Comitato Internazionale per il Contratto Mondiale sull’Acqua” (CICMA) sottoscrissero a Lisbona il Manifesto dell’acqua del 1998.

Minor seguito legislativo ha avuto la proposta di legge di iniziativa popolare presentata a seguito del Referendum del 2011, ma questo significa solo che dobbiamo partecipare con più forza alle scelte sociali cogliendo tutti gli spunti possibili.

La Regione Campania ha approvato lunedì 16 scorso una Legge Regionale per il “Riordino del Servizio Idrico Integrato e l’istituzione dell’Ente Idrico Campano” di cui non è stato ancora (al 22/11) pub-blicato il testo definitivo sul sito della Regione. Difficile quindi indovi-nare la reale portata del provvedimento, ma sicuramente per la data della manifestazione saranno noti i contenuti dei 5 emendamenti approvati per alzata di mano senza lettura nè discussione nella caotica riunione del Consiglio Regionale del 16 novembre scorso.

Il testo della proposta presentata dalla Giunta De Luca, nella forma pubblicata nel bollettino n.55 Delibera della Giunta Regionale n. 411 del 09.09.2015. è molto simile a quello presentato dalla giunta Caldoro e, nonostante le dichiarazioni rilasciate dal Presidente De Luca nella conferenza stampa del 18 nov, ripropone l’ATO unico regionale limitando ad un ruolo consultivo i 5 “distretti” che ricalcano i 5 ATO derivanti dalle modifiche alla legge regionale del 1997.

Tutte le decisioni in merito ai gestori del servizio vengono così accen-trate nelle mani del Comitato Esecutivo Campano (EIC) e più specifi-camente del suo Presidente.

La ferma volontà di centralizzare le decisioni nelle mani della Regione era già stata rilevata dalla Corte costituzionale nelle motivazioni della bocciatura della Legge Regionale n14 del 21 maggio 1997 (sentenza 117 dell 25 giugno del 2015) dove si prevedeva fosse la Regione ad individuare il gestore del servizio idrico, in contrasto con le norme statali per le quali tale compito spetta all’Autorità d’ambito.

In merito all’accentramento gestionale ed ai rischi che ne derivano per gli utenti Adriana Pollice su Il Manifesto 17 nov 2015 scrive:
“I 550 comuni campani cedono il passo al Comitato Esecutivo (organo dell’EIC) in cui siedono in 20, sono loro che scelgono il presidente, il direttore generale e affidano la gestione in ogni ambito distrettuale. Una volta accentrate le decisioni, le gestioni pubbliche vicine a una dimensione territoriale potranno essere facilmente scalzate via”

acquaregioneIn contrasto con questa lettura le dichiarazioni del Presidente De Luca e dell’info-grafica illustrativa della nuova legge per la quale si pubblicizza che “la gestione è affidata ai comuni”.

“Si conferma che c’è chi fa chiacchiere e chi decide, chi fa propaganda e chi risolve i problemi della gente. Il Consiglio regionale ha approvato la legge di riordino del ciclo delle acque, un risultato straordinario in un settore decisivo. La nuova legge trasferisce i poteri di gestione ai Comuni, consente di razionalizzare i servizi, di dare risposta a migliaia di famiglie e di imprese che soprattutto nell’area vesuviana hanno vissuto condizioni di incertezza o di op-pressione. Si conferma che c’è chi parla e chi decide. Andremo avanti con il nostro programma senza distrazioni e senza spostare di una virgola gli obiettivi. Manterremo la parola data. Siamo stati eletti per cambiare tutto, e cambieremo tutto. Cancelleremo la palude della burocrazia e la Regione dell’inconcludenza. E faremo della Campania una regione all’avanguardia in Italia.

Mentre la Giunta Regionale e altri esponenti della maggioranza continuano a sostenere che il Disegno di legge della Giunta Regiona-le (Del. G. R. 411/2015) valorizza il ruolo dei Comuni attraverso l’istituzione dei Consigli di Distretto, nella nota tecnica dell’avv. Giuseppe Grauso,  si spiega, punto per punto, quali sarebbero gli effetti di questa nefasta proposta sul ruolo dei Comuni nella gestione dell’acqua.

Ebbene, nel caso di approvazione del Disegno di Legge della Giunta Regionale, i Comuni del territorio, e gli stessi Consigli di Distretto, non avrebbero più il compito di controllare, né la facoltà di interrom-pere, il contratto con l’azienda che gestisce il servizio sul proprio territorio, e avrebbero un potere limitato se non nullo sulle stesse tariffe dell’acqua. La gran parte delle funzioni e delle competenze sarebbe esercitato da un uomo solo, il Direttore Generale, che, nel Disegno della Giunta, avrebbe il compito dell’intero sistema idrico della regione Campania e dal Comitato Esecutivo, organo composto da circa 20 membri rappresentativi di tutto il territorio regionale.

Cosa ancor più grave, il disegno della Giunta De Luca legittima nuovamente i Commissari Straordinari fino alla costituzione del nuovo Ente, in contraddizione con quanto deciso dal TAR Campania, che ha considerato tali Commissari decaduti. La conseguenza di tale normativa è la legittimazione delle partite pregresse Gori SpA, con 122 milioni di euro che rischiano di tornare a carico degli utenti dell’ATO3 Vesuviano/Sarnese.

Questo dimostra la visione antidemocratica della gestione del servizio idrico portata avanti da questa amministrazione regionale che tradi-sce le promesse fatte in campagna elettorale e va contro lo spirito del referendum per l’acqua pubblica in cui 27 milioni di cittadini avevano chiesto di lasciare il servizio nelle mani degli enti pubblici.