A “Dialoghi sulla fotografia 2024” Elio Fedele ed Edoardo Colace

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La grande passione per la fotografia e la volontà di poter far crescere la cultura e l’attenzione verso una fotografia come mezzo di comunicazione, di aggregazione e di qualità hanno spinto lo Studio Cerzosimo sempre aperto e attento alle dinamiche culturali, ad invitare nello spazio salernitano, la Galleria Cerzosimo in via Giovanni da Procida, 9, fotografi in grado di trasmettere la loro esperienza umana e artistica. I dialoghi sulla fotografia furono inaugurati da Enzo Sellerio, sua la frase “Il Fotografo è uno scrittore che si esprime per immagini”, ripresi lo scorso anno e che si accingono a ripartire con personali.

Gli appuntamenti di maggio della rassegna “Dialoghi sulla fotografia 2024”, che gode del patrocinio morale dei comuni di Salerno e Bellizzi e della C.N.A Confederazione Nazionale, dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa, verranno presentati da Armando Cerzosimo a Palazzo di Città, nel Salone del Gonfalone, lunedì 29 aprile alle ore 10,30. Interverranno alla conferenza, il Sindaco di Salerno Vincenzo Napoli, il suo assessore alle Attività Produttive, Turismo, Eventi e Innovazione, Alessandro Ferrara, i vertici della C.N.A Salerno, rappresentati dal Presidente Lucio Ronca, nonché gli autori Elio Fedele ed Edoardo Colace. La muta immobilità delle fotografie confonde tanto quanto affascina, nasconde tanto quanto rivela, distoglie la nostra attenzione tanto quanto l’attraggono, sono delle comunicatrici imprevedibili. Nessun dubbio, quindi, sul fatto che la fotografia, che per definizione si presenta come una possibile testimonianza della civiltà, possa intendersi, al giorno d’oggi, sia come oggetto culturale sia come una vera e propria forma d’arte e non semplice riproduzione di quello che la realtà offre, qualificandosi come creazione spontanea e corrente artistica dal momento che il fotografo, nell’attimo dello scatto, sta operando una scelta arbitraria dettata o dal proprio gusto, o dai propri obiettivi o da diverse altre ragioni in quanto tra tutte le inquadrature possibili ne sceglie una, ed una soltanto, attraverso cui mostrare una propria visione della realtà. Guardare un’immagine fotografica implica, dunque, affrontare una serie di letture complesse, legate sia alle aspettative e ai presupposti apportati da noi all’immagine che osserviamo sia al soggetto fotografico in sé: più della nozione di guardare, la quale rimanda ad un riconoscere in maniera passiva ciò che ci troviamo davanti), bisogna insistere sulla lettura di una foto non in quanto immagine ma in quanto testo denso, colmo di significati nascosti. Inoltre, presentando i tre maggiori caratteri essenziali del sistema artistico, la fotografia può essere considerata, a tutti gli effetti, una forma culturale in cui emergono, il predominio che in esso detiene la componente espressiva rispetto a quelle strumentali e cognitive; l’attitudine a stabilire da sé le regole della propria coerenza interna, ovvero della propria sintassi; un’inesauribile ambiguità ed indeterminatezza dal punto di vista semantico e pragmatico. È, dunque, nella prospettiva di una sociologia comprendente di weberiana memoria che bisogna concepire e capire sia il quadro di riferimento di uno scatto fotografico sia la personalizzazione dei fini perseguiti dall’artista. Ricordiamo Franco Ferrarotti che afferma: la fotografia è l’occhio del ciclope. Ma la realtà umana è Odisseo che fugge aggrappato al vello del caprone. Il Ciclope urla, afferra, cattura, spietato e onniavvolgente; il suo occhio enorme è come un obiettivo grand’angolo, onnicomprensivo e cieco a un tempo. La realtà umana non è nella fotografia. Poiché la realtà umana è significato – concrezione, costruzione di significati rappresi – essa non può trovarsi nella fotografia, ma nell’intenzione del fotografo. Se non c’è l’intenzione, cade anche il significato, cioè il criterio selettivo, il dato emergente, la variabile decisiva. Nello spazio di Armando Cerzosimo, si continuerà a risolvere in questo maggio quel “come entrare da una porta”, baluardo per la difesa culturale di un territorio quale è il centro storico di Salerno, usando un approccio critico verso una società che deve permette e soprattutto avvicinare tutti a penetrare un ideale spazio culturale. Per questo si è scelto di intraprendere un’esperienza collettiva ripensando il nostro “fare” a partire da una proposta, invitare al tavolo il soggetto imprevisto, cioè le tante inedite soggettività ripensando il mondo in modo ampio e sfumato, orientandosi verso uno spazio culturale e una società aperti ad ogni possibile “perturbazione”, impostando questo spazio aperto e pronto a rispondere a qualsiasi urgenza espressiva e creativa.