“Siamo estremamente preoccupati, perché fino ad ora il procedimento giudiziario non ha assolutamente stemperato dubbi e incertezze sull’inquinamento ambientale causato dalla vicenda Chernobyl nel Vallo di Diano”. Il turbamento del Presidente della Comunità Montana Vallo di Diano Raffaele Accetta esprime l’inquietudine di tutta la comunità per gli esiti del Processo Chernobyl, la cui sentenza è slittata al prossimo 28 marzo.
L’Ente Montano Valdianese si è costituito parte civile nel procedimento giudiziario che ha visto 38 persone (delle quali una deceduta) imputate a vario titolo per lo smaltimento illegale dei rifiuti che ha coinvolto anche terreni del Vallo di Diano. Rappresentata dall’avvocato Nicola Senatore, la Comunità Montana si è fortemente opposta alla richiesta del PM Russo di assoluzione di tutti gli imputati dal reato di disastro ambientale “perché il fatto non sussiste”, oltre a quella scontata di prescrizione per tutti gli altri reati.
“Ci siamo costituiti come parte civile –spiega Accetta- proprio perché il Vallo di Diano da sempre ha mostrato come territorio la massima sensibilità alle tematiche ambientali: basti pensare alle battaglie condotte contro le ricerche petrolifere o contro la costruzione della Stazione Elettrica di Terna a Montesano sulla Marcellana. Nella triste vicenda Chernobyl arrivano notizie allarmanti sulle quali non abbiamo certezze. La caduta in prescrizione della maggior parte dei reati fa male -continua Accetta- perché ritardi, rinvii e lungaggini portano a un nulla di fatto che aumenta la nostra preoccupazione. Analisi e indagini serie devono essere effettuate, per trasmettere ai nostri cittadini quella tranquillità che manca”.
Paradossali, quasi una beffa, risultano le “gravi carenze probatorie” e lo “scarso quadro probatorio” agli atti del processo che hanno spinto il PM Russo a chiedere l’assoluzione di tutti gli imputati dal reato di disastro ambientale. “È un fatto molto grave –conferma il Presidente della Comunità Montana Vallo di Diano- perché è ovvio che un processo senza prove non si può fare. Con l’avvocato Senatore abbiamo cercato in tutti modi di pungolare e stimolare verso un accertamento pieno dei fatti. In ogni caso non dobbiamo demordere, perché oggi la salvaguardia dell’ambiente è fondamentale anche per la crescita e lo sviluppo del Vallo di Diano: dobbiamo sapere con certezza se i fatti imputati sono fondati o infondati, e se il disastro ambientale è fondato è giusto che i responsabili paghino per quello che hanno fatto”.
Una posizione chiara e netta quindi quella della Comunità Montana Vallo di Diano, confermata dall’avvocato Nicola Senatore nelle conclusioni scritte consegnate alla fine dell’ultima udienza del Processo Chernobyl. Nelle quali, oltre ad opporsi alle richieste del PM e alla chiusura dell’istruttoria dibattimentale, l’Ente Montano insiste affinché il Tribunale disponga una consulenza d’ufficio sui fondi interessati, al fine di appurare la compromissione, il deterioramento e lo squilibrio funzionale dell’ecosistema, causato dallo sversamento dei fanghi tossici. Risposte chieste a gran voce dai cittadini del Vallo di Diano, e che secondo la Comunità Montana e il presidente Accetta non possono essere disattese.