Al Teatro del Giullare fino a domenica 10 novembre
SACRIFICATI SULL’ALTARE DEL POTERE
“NEL NOME DEL PADRE” DI LUIGI LUNARI CON LA REGIA DI ANDREA CARRARO
In un luogo senza tempo di uno spazio senza tempo, tra pareti bianche e figure geometriche, con tavoli e sedie che ricordano il gioco del Meccano, si aggirano due figure solitarie, enigmatiche: lui nevrotico, agitato, con una parlata velocissima, che strofina le mani sugli oggetti, visibili e invisibili che disanimano la scena, ossessivamente incentrato su se stesso e sul voler far recepire una apparente normalità; lei, eterea, dolce come una bambina incantata, spaventata e ostinata a voler decantare la sua famiglia e i suoi fratelli, belli e forti e grandi.
Due personaggi inquietanti e apparentemente fantastici, teatralmente finti: eppure reali, veramente esistiti: Aldo Togliatti e Rosemary Kennedy, i figli di…, giovani rampolli di personaggi che hanno fatto la storia, ma figli inadeguati e scomodi per la grandezza dei padri e condannati a non esistere.
Troppo pesante per Aldo (Stefano Persiani) il peso di un padre ingombrante e assente, che lo aveva trascinato tra Russia e Francia insieme con la madre per le sue battaglie ideali, e poi abbandonato per un’altra donna e altre strade.
Su Rosemary (Maria Giordano) inesorabile il macigno della famiglia perfetta, della tribù di supereroi, che lei ammirava estasiata, ma da cui si sentiva lontana: lei così normale, così banalmente semplice e inadeguata.
Lunari racconta con lucido cinismo e amarezza la storia di questi due giovani infelici loro malgrado, ma soprattutto narra del potere che non ha pietà, né amore, che si nutre e ingrassa col sangue di vittime innocenti, sacrificate sull’altare della storia e del Partito e dello Stato.
Dietro le luci e le scene, sapientemente costruite dalla regia di Andrea Carraro e da Virna Prescenzo, le ombre inquietanti dei Padri della Storia di allora e di oggi, come moderni Moloch, per i quali non esiste altro che la Potenza, a qualunque prezzo, senza umanità.