Firmato a Napoli il Manifesto dei Sindaci contro l'accorpamento coatto dei piccoli Comuni.

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“L’autonomia dei Comuni garantisce non solo risparmi, ma soprattutto opportunità di sviluppo, grazie ai processi di globalizzazione, che valorizzano le diversità e le nicchie di mercato. Imporre vincoli e tagli alle nostre realtà comunali ci rende poco credibili in Europa, dove chiediamo proprio meno vincoli e più crescita”. Quello sul plusvalore dell’autonomia è uno dei passaggi salienti del Manifesto contro l’accorpamento coatto dei Comuni approvato stamane a Napoli nel corso del Forum degli Enti Locali organizzato da Asmel, l’associazione italiana per la modernizzazione degli Enti Locali che unisce oltre 2200 Enti Locali di tutto il Paese.

Ed è stata una vera e propria adunanza dei Muncipi quella che si è svolta stamane nella sala congressi del Palazzo Caracciolo di Napoli alla presenza di sindaci provenienti da tutt’Italia: dalle alte langhe piemontesi del Comune di Bergolo all’entroterra vibonese di San Calogero, dall’Appennino tosco-emiliano con Berceto alla daunia foggiana di Celenza Valfortore, con in particolare più di 200 i sindaci campani. E a dar man forte alla battaglia dei comuni c’era anche Franca Biglio, Sindaco di Marsaglia (Cuneo) e battagliera presidente dell’ANPCI, l’Associazione dei piccoli Comuni Italiani, che ha deciso di sostenere il Manifesto Asmel.

“Nell’attuale momento storico, caratterizzato da una progressiva riduzione dei luoghi di partecipazione dei cittadini alle scelte collettive e dalla affermazione di sentimenti diffusi di antipolitica – spiega il Manifesto Asmelè necessario un rafforzamento del ruolo dei Comuni.  In tutti i Comuni, e a maggior ragione in quelli piccoli e medi, il Sindaco, scelto con elezione diretta, è il primo rappresentante istituzionale per i cittadini.  Il Municipio rappresenta un importante elemento identitario in una società sempre più priva di punti di riferimento collettivi. In Italia solo 46 Città superano i 100mila abitanti, con una popolazione residente pari al 23% del totale. Negli altri 7954 piccoli e medi Comuni, risiede il 77% della popolazione”.

“L’idea di un manifesto – spiega il segretario generale di Asmel, Francesco Pinto – è nata per alzare la voce contro una campagna politica sostenuta dall’ANCI per una corposa riduzione dei Comuni italiani, attraverso l’accorpamento forzoso di quelli piccoli e medi”.

Da Calderoli a Delrio: la cronistoria dell’epopea delle norme sull’accorpamento coatto

In principio fu il decreto Calderoli (esattamente l’articolo 14 del decreto‐legge 31 maggio 2010, n. 78) dell’ultimo governo Berlusconi ad ideare l’accorpamento coatto dei comuni stabilendo che “le funzioni fondamentali dei comuni sono obbligatoriamente esercitate in forma associata, attraverso convenzione o unione, da parte dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti”. Una norma mai entrata in vigore e poi ripresa nel 2014 dalla Legge Delrio (legge 7 aprile 2014, n. 56 sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni) che ha precisato anche il limite demografico minimo delle unioni fissandolo in 10.000 abitanti. Un’altra norma mai entrata in vigore e ora ulteriormente slittata al 31 dicembre 2016 così come disposto dall’ultimo decreto legge mille proroghe (decreto legge 30 dicembre 2015, n.210). A queste previsioni normative da ultimo si è aggiunta la campagna politica e mediatica dell’ANCI per alzare il tiro sul numero dei comuni da far scomparire. Sul punto il Manifesto Asmel cita l’ultima presa di posizione di Matteo Ricci, vicepresidente dall’ANCI: “occorre superare il livello demografico e riferirsi a bacini omogenei entro i quali invitare i Comuni a cooperare volontariamente. Se non accetteranno la sfida, se mancheranno nelle decisioni della riorganizzazione, la Regione potrà subentrare come potere sostitutivo”

L’obiettivo dell’ANCI è quello di arrivare a 1500/1700  Unioni in luogo degli attuali 8.000 comuni italiani. E su questa falsariga si stanno muovendo con leggi regionali già molte Regioni italiane a cominciare dal Friuli Venezia Giulia. “Si sostiene che in Italia i Comuni siano troppi in rapporto alla nostra popolazione – spiega il Manifesto Asmel – ma è assolutamente falso. Ponendo a confronto questo rapporto con i Paesi a noi più vicini, Austria, Francia, Germania, Spagna e Svizzera, emerge che l’Italia ha il più basso numero di Comuni. Si sostiene che la loro eccessiva frammentazione produce costi non sopportabili. Ancora un falso, perché in essi le spese pro capite dei Municipi sono mediamente pari alla metà di quelli grandi. Una politica di riduzione della spesa deve semmai prendere esempio dai piccoli e medi Comuni,puntando, in quelli più grandi, a un reale decentramento di funzioni e servizi alle circoscrizioni e ai quartieri. Avvicinare la gestione ai cittadini comporta trasparenza ed efficienza, contrastando sprechi e corruzione. Più è vicino il Comune, più è efficace il “controllo sociale” dei cittadini sugli eletti. In quelli più piccoli, poi, si sopperisce con il volontariato di amministratori e cittadini alle scarsissime risorse, garantendo il presidio e la tutela di oltre la metà del nostro territorio”.

Il risparmio dei costi dei piccoli comuni: l’esempio dell’acqua

In sala molti gli esempi concreti proprio sul tema del risparmio gestionale che avviene prettamente nei piccoli comuni. “Nel nostro comune grazie alla gestione pubblica dell’acqua – ha raccontato Giuseppe Notartomaso, sindaco del Comune molisano di Campodipietra – riusciamo a tenere il costo dell’acqua al di sotto di 1 euro al metro cubo, a differenza di quanto avviene per gestioni unificate in altre regioni dove si superano i 3 euro al metro cubo”. Insomma quello che emerge dal Manifesto Asmel è che si tratta di una battaglia che mette al primo posto l’interesse dei cittadini e l’interesse della spesa pubblica.

La proposta Asmel: definizione di costi standard

Invece dell’accorpamento indiscriminato delle funzioni fondamentali dei Comuni basato solo su ambiti geografici (finanze, servizi di interesse generale compresi i trasporti, catasto, pianificazione urbanistica, protezione civile, rifiuti, servizi sociali, polizia locale, edilizia scolastica e statistica) il Manifesto Asmel propone di “definire i “costi standard” per l’esercizio delle funzioni fondamentali dei Comuni, conseguendo una reale razionalizzazione degli acquisti, non certo spogliando i Comuni delle proprie competenze e funzioni”.