Sabato 2 aprile 2016 alle ore 11,30 la Galleria “Il Catalogo”
di Lelio Schiavone e Antonio Adiletta – Salerno, via A.M. De Luca, 14 – inaugurerà la mostra di Virginio Quarta dal titolo “Opere scelte“, 15 opere visibili al pubblico fino al 30 aprile 2016.
Orari di apertura: martedì – venerdì: ore 17,30 – 20,00; sabato; ore 10,30 – 12,30 e ore 17,30 – 20,00
Info: 089.232666; www.ilcatalogo.com; info@ilcatalogo.com www.facebook.com/antonio.adiletta.505
Sabato 2 aprile 2015 alle ore 11,30, verrà inaugurata presso la Galleria Il Catalogo la mostra dedicata al pittore di origini pugliesi, con una selezione della sua ultima produzione artistica.
Il realismo visionario di Virginio Quarta. L’aprile della galleria Il Catalogo di Lelio Schiavone e Antonio Adiletta, prende il via con il ritorno del segno pittorico di Virginio Quarta. Il florilegio composto da quindici opere dell’artista tarantino, ma salernitano d’adozione, vivrà il suo vernissage sabato 2 aprile alle ore 11,30 e sarà fruibile sino al 30 aprile 2016.
La sottile linea che separa, nell’arte, il territorio reale da quello dell’immaginario è, da secoli, un tema molto sentito e sviscerato nell’arte visiva. Spazi, luoghi, idee, oggetti, edifici generano immagini e raccontano i flussi della memoria e del tempo. Ogni paesaggio, reale o immaginario, frutto della rielaborazione poetica di un artista, rivela una scintilla vitale, un percorso personale, racconta un’esperienza di vita che cela una carica espressiva portatrice di un’energia proveniente da un recente passato che ci proietta nelle visioni del futuro. Sono camere con vista quelle che propone Virginio Quarta, in cui tra comode poltrone, stanze semplicemente arredate, coperte e damaschi, quasi da carezzare, il pittore illustra i suoi luoghi dell’anima, Ravello, la costiera, scorci di Salerno, in cui, nonostante la resa evidentemente iperrealista, simbolo di un lavoro portato avanti col bulino quasi dell’incisore, l’artista si ritrova tra natura e artificio. L’artista plasma uno spazio analogico, fatto di familiare e di ignoto: di qui l’elemento unheimlich, perturbante. Il sovrapporsi di piani e superfici ci avverte di come questo sublime contemporaneo abbia assimilato le esperienze della fotografia e gli effetti di dissolvenza incrociata del cinema. Si producono così, continuamente, quelli che Gilbert Durand definirebbe “scenari non naturali”: immagini oniriche, visioni fantastiche, anche quando sembrano apparentemente ancorate a una realtà quotidiana. Una tendenza pittorica che potremmo definire, con espressione ossimorica, ma proprio per questo carica di promesse e contraddizioni, slanci imprevedibili e spunti dialettici, realismo visionario. Una pittura che non cancella i fantasmi del reale, l’eterna ossessione della referenzialità, e dell’illusione ottica, ma li immerge nel magma vibrante e inarginabile dell’immaginario individuale, di una visione che è sguardo verso il reale, ma è sempre anche sogno, immaginazione, allucinazione. Uno dei dati caratteristici di Quarta, infatti, è la componente architettonica del paesaggio. Su questa fortunata innovazione poetica, l’artista innesta oggetti che vanno a costituire il proprio spazio, legati ad esso da un sottile filo che li allaccia in una ragnatela di rapporti, senza palesare la magica sospensione che li tiene insieme. Ecco perché usa metriche nuove, che gli permettono di scendere in profondità, alle sorgenti di un valore figurativo libero, da innescare al fondo realistico, per un rapporto non mediato che eviti programmazioni sommarie. Curiosità, predilizioni, scoperte, tentazioni sono tracciate, con una abilità allegra, da un segno che non forza mai le sue intuizioni pur indagandole lungamente e minuziosamente nelle sue espressioni. In modo intrigante e obliquo, lo sguardo di Quarta torna ad applicarsi alla “natura” e al reale, che mantiene ancora delle “pieghe”, o plaghe nascoste, territori del mistero individuale. Preso in questo senso, allora, lo sguardo del pittore può avere ancora molto da vedere. E il suo vedere è in fondo anche uno svelare. Svelare una rinnovata sensibilità capace di forgiare forme linguistiche e simboliche: immagini, ombre, simulacri, che affiorano dalla tela come fantasmi della nostra coscienza più profonda, i quali sanno farci arrivare a quel giusto grado di inquietudine che ancora oggi, nonostante i due secoli che ci separano dall’insorgere del romanticismo e il secolo abbondante che ci divide dalla scoperta dell’inconscio, noi tutti proviamo di fronte all’impossibilità di penetrare a fondo la natura umana. La pittura persiste e resiste ad ogni sorta di contraffazione mediatica del visibile, non tanto per difendere ottusamente il respiro della tradizione, quanto per necessità di essere linguaggio rispondente agli impulsi primari del colore e della materia. Si tratta di un universo globale parallelo che si stacca sempre più dal corpo della materia, esprime il predominio dell’immateriale, l’elogio del corpo assente, mentre è proprio il piacere della materia cui la volontà di pittura, invece, continua a riferirsi. Fare pittura per Virginio Quarta è vivere nella dimensione del tempo ulteriore, sostenere lo sguardo in attesa di visioni, di apparizioni, filtrare la coscienza collettiva con la forza del proprio mondo interiore, onirico e poetico.
Virginio Quarta (Taranto 1938). Si stabilisce a Salerno con la famiglia all’inizio degli anni cinquanta: dal 1954 al 1958 frequenta il liceo artistico di Napoli, dove studia, tra gli altri, con Eugenio Scorzelli, Guido Tatafiore e Renato Barisani. La sua attività espositiva ha inizio con la partecipazione ad alcune mostre e rassegne nazionali: Giovani pittori salernitani, (1953); Prima Mostra Provinciale d’Arte Giovanile, tenutasi al Centro di Cultura di Salerno (1958); VII Premio Nazionale Biennale di Pittura di Gallarate (1959). Nel 1974 riceve da Carlo Levi il primo Premio Marino Mazzacurati di Teramo, dedicato al disegno; dello steso anno è l’invito alla rassegna Arte Contemporanea ’73, tenutasi al Museo Civico di Bologna. Negli anni ottanta si segnalano numerose mostre personali; alla Galleria Il Catalogo di Salerno (1984, 1988), alla Galleria Il Babuino di Roma (1987, 1988), e le altre tenutesi alla Galleria Il Punto di Ravello (1988). Dagli anni novanta s’interessa alla ceramica, presentando i suoi lavori in alcune personali e nelle edizioni del Premio Nazionale Viaggio attraverso la Ceramica di Vietri sul Mare (2001 e 2003). Dal 2005 una sua opera è nella Collezione Permanente del Fondo Regionale d’Arte Contemporanea di Baronissi che, 2007, ospita una mostra antologica con opere dal 1960 al 2005. Nel 2011 è presente alla LIV Biennale Internazionale d’Arte di Venezia.