Lo scopo è quello di rappresentare la vita o l’esistenza nel suo fluire ininterrotto e nella sua rappresentazione del reale. La letteratura diviene, priva di ogni sua peculiarità, solo il mezzo portante di un flusso reale d’esistenza, che lascia segni essenziali.
Non troveremo in essa motivi di riflessione, perché la sostanza del tutto non è pensata, non identificata, non guizza di azione e volontà; perfino gli oggetti rappresentati non sono necessariamente fedeli al modello; quello che conta è soltanto ii ritmo di un discorso rivolto con immediatezza e irriflessione alla vita.
La prosa del Cassola, a detta della critica ufficiale, è la reazione più radicale alla rappresentazione realista. Quando questo modo di sentire diviene ideologia, è facile immaginare in quali limiti l’autore si rinchiude, non potendo fare a meno di costruire le basi di una metodica.
Elegge, quindi, a giustificazione l’esigenza di saldare entro schemi duraturi e veraci i sentimenti e la vita quotidiana della gente di piccoli ambiti di provincia, soprassedendo sulle inevitabili incoerenze che determinano una sosta nell’inarrestabile corsa al niente, fluente ed instabile.
Forse è proprio questa forma di sofferta ambiguità che rende piacevole la lettura di tutti i suoi scritti (molti racconti e romanzi).
Segnò coi suoi scritti il tempo della resistenza, lasciando un’eco profonda nei lettori. Dopo I minatori della Maremma, raccolta di biografie di minatori, come singolari esperienze di vita, va rilevato La casa di via Valadier (1956) e Il soldato (1958) dove l’ambiente si riscalda d’amore tra un militare e una ragazza.
(Continua…)
Home Rubriche Saggi & Romanzi SEGNI DELLA SCRITTURA DEL NOVECENTO L’ERMETISMO SPIRITUALE DI QUASIMODO (parte nona)