I critici scoprirono in lui la vocazione a un rinnovamento quasi rappresentativo delle nostre lettere; in realtà egli aveva solo cercato la via per iniziare un rigoroso discorso sull’esistenza umana, perché l’uomo, visto al centro dell’universo, vedesse a sua volta come tutte le cose tornassero a lui per illuminarsi della propria umanità esposta al dolore, al disinganno, alla tortura di un tormento ineluttabile e indefinibile, come alla dolcezza struggente del pianto, della meditazione, della disillusione. Non ricerca rappresentativa, dunque, dell’esistenza dell’uomo, ma un modo singolare e quasi petrarchesco di riportare i significati esterni nell’intimo della nostra coscienza, dove possono trovare il loro riferimento e la loro forza per vivere nell’unica forma possibile di vita, che è un carisma religiosamente educato, per potere baluginare la certezza dell’essere. “Chiuso tra cose mortali/perché bramo Dio?’. Insomma se l’uomo è il centro dell’universo, tutta la natura si muove intorno a lui, per lui, con lui, nello spasimo della morte e nella radiosità della vita. Attraverso il diario di guerra maggiormente si rileva questa ricerca dell’eterno dentro di noi, ricerca che costa uno strazio che poeticamente frantuma il verso, che alla fine, attraverso una sublimazione di sentire, si ricompone e si restaura nella forma tradizionale. “Sono stato! uno stagno di buio! ora sono ubriaco/d’universo”.
Infatti la corrente letteraria dell’ermetismo, con la conclusione della nefasta seconda guerra mondiale, subisce un’evoluzione naturale di apertura al sentimento, alla religione (non di obbligo quella positiva), al sociale. Nella pienezza della sua crescita, essa, coincidendo con l’espansione dittatoriale fascista, aveva indicato agli uomini di poesia il mezzo per eludere il presente negativo, trovando nell’oscurità dell’ora storica l’unica forma di sussistenza in una fattispecie di stoica sofferenza, in un rifiuto totale della briosa preminenza fascista. Venuta meno la libertà dello spirito e della parola, ogni canto si frantuma in singhiozzo e si disperde per i meandri della solitudine e della disperazione Mentre il mondo vacilla e rovina, la letteratura ermetica prende coscienza dell’ora presente e riconosce in sé l’ultimo valore ancora saldo della vita. Del resto i segni di un disfacimento, portato poi ai termini estremi con la dittatura fascista, erano già iniziati col Carducci, coi Pascoli e, per certi versi, col D’Annunzio. Anche la critica si adegua e, soprattutto, stabilisce dei rapporti con la cultura europea, specialmente francese. La critica ermetica ha rappresentato, in ogni caso, dalla sua ascesa alla sua conclusione, un rinnovamento rivitalizzante per la ormai stereo tipa cultura tradizionale, infarcita di retaggi ottocenteschi. Con le sue riviste l’Ermetismo ha tenuto confronti meravigliosi con tutte le correnti letterarie d’oltralpe, specialmente occidentali.
(Continua…)
Home Rubriche Saggi & Romanzi SEGNI DELLA SCRITTURA DEL NOVECENTO ERMETISMO, ESIGENZA DEL NUOVO UNGARETTI E...