Con sottile sagacia il Valli interpreta l’animo di Ulisse, dando opportuna significazione anche agli elementi geografici del viaggio. Ulisse salpa poco lontano dalla foce del Tevere, dove si raccolgono le anime destinate a passare sull’altra sponda, quella dei morti, e riesce a vedere l’enorme montagna del Purgatorio.
Ciò significa che “un viaggio verso la conoscenza, compiuto dall’uomo senza la Grazia, può somigliare alla via della salvezza, ma non coincide con essa”.
Gli attributi di Ulisse: grande guerriero, ingegnoso, astuto, saggio e, nello stesso tempo, folle, bugiardo, spregevole, trovano conferma nell’Iliade e nell’Odissea, anche se saggezza e astuzia, alla fine, si conciliano, conferendo al personaggio una unità non forzata, ma naturale, com’è naturale, in un forte e non comune carattere, accompagnare all’intelligenza la sottigliezza della diffidenza e della riflessione. Tali attributi costruiscono la complessa figura di Ulisse anche in altri poemi di minore statura, ma di eguale portata storico- geografica.
Ulisse è sempre una figura tremendamente enigmatica, così nella “Piccola Iliade” di Lesche di Mitilene, così nell’ “Iliupersis” di Arctino di Mileto così nella “Telegonia” di Eugammóne di Cirene, così nelle “Ciprie” di Stasino o di “Egesia” di Cipro, così nell’“Etiopide” di Arctino.
E’ anche il re potente di ben tre isole del mare Ionio: Itaca, Dulichio, Cefallenia, che guardano la Acarnania. Ed è un “áristos”, cioé un nobile, coraggioso in guerra, devoto agli dei, attaccatissimo alla famiglia e alla patria.
Dante, tuttavia, al di sopra di questi sentimenti, vede in lui una incondizionata bramosia di vedere e di conoscere, una passione che scavalca tutte le altre, impossessandosi del suo spirito:
“Né dolcezza di figlio, né la pièta / del vecchio padre, né il debito amore / lo qual dovea Penelope far lieta, / vincer poter dentro da me l’ardore / ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto, / e de li vizi umani e del valore.
Che egli sapesse o non dei divini divieti è un dubbio ormai riscattato dalla condanna di empietà, essendo incoercibile in lui la inclinazione a percorrere il mare aperto, “tetragono”, forse più di Colombo, alle insidie dei flutti in gioco con gli elementi meteorologici.
Intanto lo scenario e la sostanza dell’episodio sono così suggestivi da indurre il De Sanctis alla difesa dell’azione eroica, inusitata, non spregevole, tanto più che, nel grandissimo disegno di Ulisse di varcare soglie sconosciute del sapere, s’intravede la stessa sete di conoscenza di Dante, il quale mette nella bocca del suo personaggio nobilissime parole, e, nel suo animo, quell’audacia che egli ha sempre apprezzato negli uomini grandi.
Della stessa audacia si è, in modo diverso, nutrito il divino poeta per visitare l’oltretomba, sebbene sorretto dalla paterna protezione di Virgilio e da quella divina di Beatrice.
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