“Napoletano? E famm ‘na pizza!” è il titolo di una divertente commedia scritta dal famoso regista e attore napoletano Vincenzo Salemme che fa comprendere lo stretto legame che il popolo napoletano ha con la pizza e come il cittadino napoletano (ma anche quello italiano all’estero) venga identificato attraverso gli stereotipi: spaghetti, mandolino e pizza”. A celebrare uno dei simboli più amati del Made in Italy è stato il professor Enrico Volpe, specialista in Malattie Nervose e Mentali, docente alla Facoltà di Medicina della Seconda Università di Napoli Professore Aggregato in congedo al Dipartimento di Salute Mentale e Fisica e Medicina preventiva Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli di Napoli, autore di numerosi testi di medicina ed anche testi sui costumi e le tradizioni della città di Napoli che ha presentato il suo nuovo libro “Pizza &Pizza”. Napoletana e nel mondo”, edito da Cuzzolin editore, in occasione dell’incontro organizzato nella bellissima e storica chiesa barocca di San Giorgio in Via Duomo a Salerno, dalle associazioni salernitane:”50&Più”, presieduta dal professor Giulio Rocco Castello; “Parco Storico Sichelgaita”, presieduta dalla professoressa Clotilde Baccari Cioffi, con la fattiva collaborazione della Vicepresidente della 50&Più Rosa Maria Volpe e la partecipazione dell’Associazione dei Cavalieri di San Giorgio in Carinzia presieduta dall’avvocato, Grande Ufficiale Antonio Spiezia che, insieme al Vice Presidente Mario Senatore e al Cavaliere Basilio Passero, ha consegnato al professor Volpe un attestato di merito.
Dopo i saluti di Don Roberto Piemonte, Rettore della Chiesa di San Giorgio, e dei presidenti delle associazioni, il professor Volpe, con l’ausilio di alcune slide proposte dal dottor Massimo Zega, ha raccontato la storia della pizza: le origini, l’etimologia del termine pizza, le varie forme e le tipologie per forme e condimento di uno dei piatti simbolo della vasta cultura culinaria italiana e napoletana in particolare:” La pizza ha una storia complessa, lunga ed incerta e la sua è una favola che affonda le radici molto lontano. Quella che conosciamo oggi è l’evoluzione di un alimento dalle origini antiche che scava le sue radici nel passato. Risale infatti alla preistoria, durante il Neolitico, la prima versione rudimentale della pizza. Ma l’invenzione ufficiale della pizza napoletana, sembra risalire al giugno del 1889, in occasione delle vacanze a Napoli degli allora sovrani d’Italia: re Umberto I e la Regina Margherita, nella bellissima reggia di Capodimonte. La regina fu incuriosita dalla pizza di cui tanto sentiva parlare ma che mai aveva avuto modo di assaggiare. I regi servizi di sicurezza non ritennero prudente che la regina si recasse in pizzeria e allora venne convocato alla Reggia di Capodimonte il più famoso pizzaiolo del tempo, Raffaele Esposito della pizzeria “Pietro e basta così” di Pietro Colicchio che, non avendo fratelli e figli, cedette la pizzeria a Enrico Brandi che poi la passò a sua figlia Maria Giovanna Brandi, futura sposa di Raffaele Esposito. Costui si presentò alla Regia con il suo carretto trainato da un asino su cui aveva caricato tutto l’occorrente. Coadiuvato dalla moglie Maria Giovanna Brandi, cucinò nei forni delle cucine reali tre diversi tipi di pizza che offrì alla regina: una, detta “mastunicola”, preparata con sugna, formaggio e basilico; una con aglio, olio e pomodoro (la classica marinara) e una terza con mozzarella, pomodoro e basilico, per riprodurre i colori della bandiera italiana. Fu proprio quest’ultima che entusiasmò la regina Margherita che volle conoscere il pizzaiolo al quale chiese il nome della pizza che tanto le era piaciuta. Il pizzaiolo fulmineamente rispose:” Margherita”. La sovrana apprezzò così tanto questa pizza che volle ringraziare il pizzaiolo per iscritto e, il giorno successivo, lo chef ricevette una lettera di ringraziamenti dal capo dei Servizi della Tavola della Casa Reale. Questo evento venne ricordato con una targa che tutt’oggi è esposta all’entrata della pizzeria Brandi nella Salita Sant’Anna di Palazzo a Napoli”. Il professor Volpe ha ricordato le varie forme di pizza:” La pizza tonda, la pizza alla pala, la pizza a metro ideata, intorno al 1950, dal panettiere Luigi Dell’Amura di Vico Equense; la pizza a portafoglio, che fu servita nella pizzeria “Di Matteo” in via dei Tribunali, anche al presidente dei Sati Uniti d’America, Bill Clinton, in occasione della riunione del G7 a Napoli, nel 1994”. Il professor Volpe ha presentato anche le varie tipologie di pizze per condimento:” Quelle rose e quelle bianche tra le quali: la Margherita, la Marinara, la Cosacca, la Napoli, la Diavola, Provola e pepe, la Capricciosa, quella alla Campofranco, la Quattro stagioni, Prosciutto e funghi, alla Boscaiola, la Carbonara e tante altre”. Il professor Volpe ha anche ricordato il disciplinare che detta le regole da seguire per preparare una buona pizza e le materie prime da impiegare, il processo di produzione, la lievitazione, la lavorazione, la guarnizione, la tecnica, la cottura. L’autore ha anche raccontato che la pizza napoletana si è diffusa in tutta Europa e nel mondo grazie alla forte immigrazione napoletana che c’è stata nelle varie città:” Tuttavia nel tempo, ogni nazione ha realizzato particolari modelli di pizza con farcitura autoctona o mista: abbiamo anche la pizza hawaiana condita con pezzi di prosciutto e ananas sciroppato e la pizza finlandese detta anche pizza Berlusconi dedicata all’ex primo ministro che è una delle dieci pizze più consumate nel paese di Babbo Natale”. Volpe nel libro ha indicato i nomi delle pizzerie dove si mangia una buona pizza a Napoli, ma anche dove si mangia una buona pizza all’estero ed elencato le varie curiosità e i record sulla pizza:” Il paese del mondo in cui si mangia più pizza sono gli Stati Uniti, segue l’Italia e poi il Brasile. La pizza più lunga al mondo di 1,93 chilometri, è stata realizzata il 10 giugno del 2017 nella città di Fontana, in California”. Secondo il professor Volpe una pizzeria per ritenersi valida non deve proporre molti tipi di pizza:” Giosuè Carducci diceva di ritenere capace di ogni cattiva azione e turpitudine un uomo che impiega il doppio delle parole per dire ciò che può essere detto con la metà delle parole. Questo principio può valere anche per i pizzaioli, quanto al numero di pizze che hanno in repertorio. Un pizzaiolo che millanta cento pizze in menù, deve essere ritenuto capace di qualsiasi turpitudine”. A leggere alcuni brani del libro è stata la professoressa Clara Mattia Cuoco socia del Parco Storico Sichelgaita. La serata è stata allietata dal “Duo Familia” con la straordinaria voce di Silvana Ruggia che, accompagnata al piano dal Maestro Carmine De Nardo, ha interpretato alcuni brani classici della Canzone Napoletana.(Foto di Massimo Zega).
Aniello Palumbo