Social, per 2 oncologi italiani su 3 potente strumento di dialogo coi pazienti

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(Adnkronos) – Oncologi italiani sempre più social. Per 2 specialisti su 3 le piattaforme online rappresentano un potente strumento di comunicazione scientifica e di interazione con i pazienti. Quasi 7 su 10 li utilizzano per la comunicazione medica e, a sopresa, a usarli a scopo professionale sono soprattutto i 'senior'. E' quanto emerge dallo studio Smarty, promosso dall'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano in collaborazione con esperti dell'Università Bocconi del capoluogo lombardo, dell'Università Ca' Foscari di Venezia e del Centro di riferimento oncologico (Cro) di Aviano, Pordenone, e pubblicato su 'JCO Global Oncology'. La ricerca – riporta una nota – ha coinvolto 116 medici oncologi (specialisti e specializzandi) di età compresa fra i 26 e i 71 anni, a diversi livelli di carriera, di cui quasi il 70% utilizza le piattaforme social per la comunicazione medica. L'obiettivo dello studio era conoscere le preferenze, esperienze, opinioni e aspettative per individuare le caratteristiche dei medici 'social media users'. Sono emersi 3 profili: altamente social (31%), scettico (31%) e moderatamente social (38%). Nello specifico, la ricerca evidenzia che il 95% dei partecipanti ha un profilo social network personale, il 22% un profilo professionale e il 23% un profilo ibrido. In generale, gli oncologi più adulti e con più esperienza passano più tempo sui social e li tengono in maggiore considerazione, mentre i più giovani, che si trovano nella fase iniziale della carriera, tendono a farne un uso personale.  Questo dato – rimarcano gli autori – è in contrasto con gli studi condotti 10 anni fa, principalmente negli Stati Uniti, su tutto il personale medico, che mostravano una tendenza opposta: i medici più giovani erano i più inclini a utilizzare i social anche per motivi professionali; i medici in piena carriera, fra i 45 e i 55 anni, sembravano evitarne del tutto l'uso, mentre gli over 55 ne facevano un impiego maggiore, ma preferivano comunque i media tradizionali. L'unicità dello studio – spiegano dall'Ieo – è l'offerta di una visione d'insieme del rapporto medico-social media e di una base metodologicamente rigorosa per potere definire un codice di comportamento nell'uso dei social media in ambito sanitario. Ha inoltre un approccio trasversale al tema, che tiene conto anche del punto di vista degli esperti di marketing e comunicazione. Il team di studio – coordinato da Manuelita Mazza, oncologa Ieo, e Mattia Garutti, oncologo del Cro di Aviano, con la supervisione di Giuseppe Curigliano, direttore della Divisione Ieo nuovi Farmaci per terapie innovative – ha infatti coinvolto Elena Bellio dell'Università Ca' Foscari e Luca Buccoliero dell'Università Bocconi. Al disegno dello studio ha partecipato Luigi O. Molendini, medico legale Ieo, mentre all'interpretazione dei dati hanno attivamente contribuito 2 specializzandi Ieo: Elena Battaiotto e Carmine Valenza. "L'evoluzione che osserviamo oggi nell'uso dei social da parte dei medici – commenta Buccoliero – potrebbe essere causata dalle differenze geografiche e temporali, ma soprattutto dal cambiamento dei modelli di utilizzo da parte della generazione 'digital-naïve', che ha vissuto la transizione digitale sui social, rispetto ai nativi digitali per i quali i social sono un'espressione naturale dell'esperienza comunicativa". Per Garutti, "confrontando questi risultati con altre ricerche condotte sui medici italiani di ogni disciplina, emerge che la percezione dell'uso dei social non cambia sostanzialmente. Possiamo quindi affermare che la maggioranza dei medici considera i social uno strumento valido per disseminare nuove conoscenze, fornire aggiornamenti senza limiti geografici o di costo, promuovere un approccio critico alle posizioni degli opinion leader, creare nuove connessioni, incoraggiando nuove collaborazioni e reclutare pazienti per gli studi sperimentali. Certamente i rischi vengono percepiti, primo fra tutti la circolazione di (mis)informazioni scorrette e la possibile violazione della privacy. E' evidente tuttavia che i benefici superano ampiamente questi rischi". "Ora siamo in attesa dei risultati dell'indagine sullo stesso tema dal punto di vista dei pazienti – continua Mazza – Sarà interessante capire se l'uso che i medici fanno dei social è efficace, cioè se effettivamente migliora il rapporto medico-paziente e il rapporto paziente-malattia, due elementi fondamentali nel percorso delle malattie oncologiche. La comunicazione sui social media è ormai parte integrante della quotidianità, una finestra attraverso cui fluiscono informazioni di ogni genere e si intrecciano esperienze. In questo spazio, il vissuto dei pazienti si verbalizza e si fonde con quello dei clinici, creando un dialogo unico. Sono profondamente interessata a esplorare l'esperienza dei pazienti sui social, per apprendere direttamente dalle loro narrazioni e affinare i nostri approcci comunicativi con tali strumenti, rendendoli più empatici ed efficaci". "La ricerca, attualmente in corso, incentrata sulle persone con esperienza oncologica – prosegue la specialista – rappresenta per me uno strumento fondamentale per avanzare la conoscenza in questo ambito e per tracciare le basi di un'oncologia 2.0, più connessa, più prossima, più consapevole. Insomma, più Smarty. L'utilizzo dei social media in oncologia apre nuove prospettive per migliorare la comunicazione medico-paziente, favorire il coinvolgimento dei pazienti e creare una comunità online di supporto e informazione. La sfida futura – conclude Mazza – sarà quella di sfruttare appieno le potenzialità dei social media, garantendo al contempo la correttezza delle informazioni, la privacy dei pazienti e il rispetto dell'etica professionale". —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)