Oltre il museo: curare ed esporre nello spazio pubblico è il convegno a cura dell’ABCD Associazione Studenti DiSPaC, organizzato nell’ambito di SPLEEN. Tre opere per la Fondazione Filiberto e Bianca Menna
Salerno, Sala conferenze, Fondazione Filiberto e Bianca Menna
17 maggio 2024 – ore 10:30
Modera Olimpia Di Domenico (Università degli Studi di Salerno)
10:30 Introduzione
Stefania Zuliani (Università degli Studi di Salerno)
Massimo Maiorino (Università degli Studi di Salerno)
10:50 Giorgia Del Grosso
Lo spazio cancellato
11:10 Diego Osimo, Emanuele Monda
L’esperienza dei parchi d’arte contemporanea in Italia
11:30 Giovanni Guacci, Lorena Donnarumma
Il paradigma espositivo de “Il cinema ritrovato” a Bologna
11:50 Ida Ceccarelli
Data art: incontro tra arte e tecnologia
12:10 Gianmarco Lancellotti
Subway: Milano ’98. L’arte nel caos
12:30 Annalisa Mazzola
Teatro Gibellina. Tragedia e Democrazia
12:50 Conclusione dei lavori e dibattito
Giorgia Del Grosso
Lo spazio cancellato
Il contributo che qui si propone ha l’obiettivo di analizzare il fenomeno della contesa dello spazio pubblico, e quali potrebbero essere le possibili soluzioni per risemantizzare opere poste al centro di dinamiche quali la cancel culture. Seguendo le linee della memoria sociale e culturale, come ricostruite da M. Halbwachs e J. Assmann, ogni gruppo sociale elabora una memoria culturale che entra nello spazio di negoziazione e risente dei relativi rapporti di forza. In questa prospettiva rientra l’”invenzione della tradizione”, come definita da E.J. Hobsbawn e T. Ranger.
Il contributo solleva interrogativi riguardo le modalità di conservazione o abbattimento di statue e immagini. Tramite un’attenta analisi, si vorrebbero discutere pratiche curatoriali connesse a una risemantizzazione di monumenti o opere d’arte entro uno spazio museale, includendo nuovi sguardi e prospettive, o al di fuori di quest’ultimo discostandosi dalla visione comune di conservazione e di museo.
Diego Osimo
L’esperienza dei parchi d’arte contemporanea in Italia
Allo stremo di numerosi tentativi di porre rimedio da parte dell’uomo nei confronti della natura, lo stato attuale degli ecosistemi restituisce segnali poco incoraggianti circa la presenza antropica nell’ambiente ma, tra le numerose iniziative “sensibili” al tema, ricopre una posizione di rilievo la capacità che ha avuto l’arte contemporanea di anticipare una delle questioni più critiche del Terzo Millennio. Infatti, porgendo uno sguardo alle pratiche artistiche dello scorso secolo, si può rilevare l’intenzione, talvolta dichiaratamente programmatica, di intervenire in maniera attiva sui paesaggi naturali per includerli nel discorso sull’arte e renderli soggetto principale o complemento dell’esecuzione.
Tuttavia, è da precisare che non sempre queste intenzioni hanno avuto come obiettivo la valorizzazione dell’ambiente naturale e, anzi, molto spesso queste opere sono state ideate per stridere con il contesto e porsi in antitesi attraverso un linguaggio visivo completamente opposto. Obiettivo di queste riflessioni è l’individuazione delle sfide, dei limiti e delle potenzialità che la pratica curatoriale incontra dinanzi alla possibilità di intervenire sul paesaggio naturale e gli spazi pubblici.
Giovanni Guacci, Lorena Donnarumma
Il paradigma espositivo de “Il cinema ritrovato” a Bologna
Il cinema rappresenta un prodotto di negoziazione sociale ed è una delle fonti storiche necessarie per il bagaglio culturale del singolo: questo ruolo viene dimostrato dal binomio indissolubile di cinema e società, strettamente connesso. Il cinema, dunque, si rivela come un processo sociale in cui immagini, suoni, contesto e azioni assumono significati diversi che dalla sala s’innestano nello spettatore, generando immaginari peculiari che diventano un mero riflesso della società. Le pellicole non sono però vincolate unicamente all’interno del luogo inteso come Cinema, bensì riescono a subentrare in quelli che sono gli spazi pubblici protagonisti della vita quotidiana dell’individuo.
Nasce così il cinema all’aperto che prevede una diversa organizzazione, offrendo un’esperienza il più delle volte unica e difficilmente replicabile a seconda di fattori multipli quali la pellicola scelta e gli spazi proposti. Un esempio efficace si trova nel Festival de ‘Il Cinema Ritrovato’ di Bologna, in cui Piazza Maggiore, una delle piazze più celebri del capoluogo emiliano, offre ai suoi spettatori una rassegna cinematografica peculiare e specifica. Il Festival diventa così un punto d’analisi interessante per analizzare le strategie e soluzioni d’allestimento negli spazi pubblici, i limiti, i vantaggi e le suggestioni che offre la città di Bologna alla settima arte, espandendo così non solo il senso di collettività che offre la sala cinematografica, bensì il legame che lo spettatore crea con il territorio stesso.
Ida Ceccarelli
Data art: incontro tra arte e tecnologia
Sempre più frequentemente si assiste all’esposizione di opere in uno spazio che non è quello del museo; questo, unito ai costanti cambiamenti tecnologici e digitali, costituisce una sfida per la figura del curatore, destinato a mettersi sempre più in gioco.
Ne è un esempio il caso dell’installazione interattiva e immersiva intitolata Moving Data, organizzata da Mundys nel 2023 all’interno del Terminal 1 dell’aeroporto di Fiumicino. Si tratta di un’opera pensata per essere al servizio dei viaggiatori, che possono esplorare il concetto della mobilità umana, divertendosi a confrontare numeri relativi ad aeroporti, autostrade, servizi alla mobilità e sostenibilità, riportati attraverso visual grafici e interattivi in quattro imponenti monitor a LED. Grazie a una particolare tecnologia scanner, che rileva i movimenti degli utenti, si crea un’esperienza in cui suono e luce si sincronizzano per rispondere alle azioni dei visitatori. La domanda che ci si pone è quale sia il ruolo del curatore in un contesto in cui è il pubblico stesso a diventare parte integrante dell’opera.
Gianmarco Lancellotti
Subway: Milano ’98. L’arte nel caos
Quale funzione assume e quale rapporto con il fruitore instaura l’arte quando collocata in spazi urbani condivisi come il “non luogo” (M. Augé, 1992) della metropolitana? In un mondo sempre più frenetico la difficile convivenza tra pratica artistica e ambiente underground è un orizzonte che vale ancora la pena perseguire?
Con questo intervento si intende analizzare la curatela del complesso progetto di arte pubblica Subway. Arte, fumetto, letteratura e teatro negli spazi della metropolitana, del passante ferroviario e delle stazioni ferroviarie, ideato e realizzato per la città di Milano nel 1998, distinguendone proposte e intenzioni, incognite e strategie, meriti e mancanze, con l’obiettivo di riflettere sulle contemporanee possibilità e sul futuro di iniziative di simile portata.
Annalisa Mazzola
Teatro Gibellina. Tragedia e Democrazia
Gibellina Nuova o i principi che la ricostruzione del sito cancellato dal terremoto del ’68 ha tentato di riedificare quali colonne di una città ideale, sono ancora al centro di un ampio dibattito, centrato soprattutto sul rapporto tra uomo e opere, in un luogo così ideale da essersi rivelato inabitabile.
La cementificazione del trauma che dal sudario bianco di Burri contamina i nuovi spazi urbani, dove l’alta densità d’arte è risonanza di un dolore a cui si nega la via di una definitiva metabolizzazione, sradica l’uomo da una condizione di naturalezza e gli impone l’artificialità di uno spazio-tempo ancestrale, un teatro del culto di sé dove è solo e all’ennesima potenza il mistero della sua esistenza. Entro un presente di guerra in cui l’uomo rivendica proprietà su paesaggi di rovine, la controversa condizione di ospite a cui l’inabitabile Gibellina lo costringe, dunque il paradigma destabilizzante che qui compete al rapporto tra uomo, opere d’arte e ambiente, merita di essere riconsiderata nella propria urgenza, secondo il modo radicale che pone ancora oggi il problema della costruzione democratica e del suo mantenimento.