a cura di Giovanni Maria di Lieto, figlio dell’Autore
Padre
separazione come accusa la parte una stella sassi e conchiglie
mansueti sentieri dormendo ancora solo esperienze del padre
vissute ormai scrittura in quella traccia di un “O” nel buio
dolci gocce d’erba cubo del bosco non più di una fiamma indietro
rifugio altalene magiche anelli con la spiga diamante dei passaggi
ciascuno senza fatica sottrae la corte al bianco semi sulla testa
anfore del fiume al suo dominio fino al punto che fu terra anche
una piazza una strada figure di animali secondo soldati a equinozi
li portiamo dopo averli raccolti piccolo ibis riceve le mani
dal mutare delle foglie uomini in uso dei tatuaggi percorsi
neppure città intorno freddissimo rischiato inizio dalle cime.
dall’Antologia Giannino di Lieto Opere (Interlinea 2010)
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Nascita della serra
tavole del centro non stile non gesto una conchiglia di cintura
chiuso l’apparenza perlustrare un insetto ogni ticchettio ogni passo
porta la maschera semi dell’appropriarsi un fiore raggi anche del fulmine
per acqua sollevato sonno causa di movimento ventaglio con remi
si adempie sopracciglia lunghe bende nella rosa l’altro traccia piena
ciottoli a luogo rotondo non coscienza volto simile alle vene dopo fuoco
per girasoli come cosa comune nomi sbocci alla sua stagione specchio
un gradino dell’erba né diverso le maniche fuori cadono soffio
catena delle foglie pioppi altissimi pupille quell’ansia barlume ala dei bracci.
dall’Antologia Giannino di Lieto Opere (Interlinea 2010)
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Punto di inquieto arancione
Dove fu che il fiore genera di sé un’esistenza colma
isole di corallo come una menzogna su meridioni azzurri
magnifici scarabei poi una voragine bisogna uscire dalla casa
salga un gran chiasso dopo una festa ogni lasciarsi indietro
la sorte in luce diviene forma passeggera e quanto è dato
controdanza in borse di seta almeno piume avanzeranno
con alti e bassi da salde radici è stato cespuglio
un gioco per fulmini si beve i guadagni di un giorno
a quel grumolo si tengono appoggiati masticando foglie
finché da una brocca il vento discorre ghirlande
sul capo i fanciulli spargono semi vestiti di bianco
svolazzassero di notte il sogno doveva essere completamente arso
sarà scacciato con fumo di spina alba.
dall’Antologia Giannino di Lieto Opere (Interlinea 2010)
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“La scrittura si svolge per linee logiche, drammatiche o figurative seguendo lo schema e gli spazi della pittura vascolare. Quando è “verso” è già una forma conclusa. Ogni verso è il rincalzo del verso successivo. Autonomo, super alterum eminens nel flettersi del discorso. Ricorda il mare agitato che si può scorgere da una casa sugli scogli. Un’onda si risolve nell’altra che la sopravanzava da una sbavatura di schiuma, e così via di seguito fino a sorprendersi schianto” (GIANNINO di LIETO, da AutoIntervista – Bozza di una Poetica).
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Giannino di Lieto (Minori 1930 – 2006) <<è stato una figura esemplare della poesia italiana del secondo Novecento, sempre incline allo smarcamento rispetto alle mode o alle tendenze imperanti: il suo distanziarsi dalla neovanguardia e dal Gruppo 63 […] è un esempio che illumina bene quella sua propensione a non accodarsi al pifferaio di turno, quella sua talvolta scontrosa volontà di mantenersi in una zona di salvaguardia, almeno per quanto attiene alle letture, che sottolineasse l’originalità dei percorsi e degli esiti. Gli esiti gli hanno dato ragione: sempre carichi di echi e implicazioni multiple, non sono immediati alla comprensione, non sono mai banali, sempre denotano una ponderatezza che potrebbe sembrare posa, ma non lo è. Semmai è ricerca, raffinata ed estrema, tesa fino ai limiti delle possibilità del segno, fino ai limiti della significazione condivisa>> (così MASSIMO MIGLIORATI in “Poesia” – novembre 2011).