Whatsapp è il secondo social network più usato al mondo, secondo al solo Facebook (con il quale condivide peraltro la proprietà).
Nel mese di agosto 2014 la piattaforma social per dispositivi mobili ha totalizzato un parco utenti attivi di 600 milioni di persone (il 19% di utenza globale), consolidando così il sorpasso su Twitter (fermo a 550) e prendendo il largo su Google+ (400 milioni).
Whatsapp di fatto è l’evoluzione dello “short message script”, meglio conosciuto come sms, che rende possibile, oltre che chattare, condividere files multimediali con una cerchia di amici, proprio come con i social networks.
Whatsapp dunque integra sms, messaggistica, multimedialità e social.
La novità è che è previsto il lancio di una app che permetterà anche le chiamate vocali.
Piattaforme simili, come la cinese WeChat (che pure è più reente e si è avvalsa di testimonial d’eccezione come Leo Messi e Belen Rodriguez), sono decisamente lontane (440 milioni).
Il fattore di successo di Whatsapp è la tecnologia dell’applicazione, che permette di scambiarsi messaggi, video e foto in assenza di una connessione di rete costante, il che la rende adatta a Paesi a copertura limitata, come quelli in espansione, Hong Kong (53%), seguono Sudafrica (52%), Malesia (50%), Singapore (50%), Messico (47%) e Spagna (45%), ed è stato proprio questo che ha stuzzicato l’appetito di Mark Zuckerberg, il patron di Facebook, che negli scorsi mesi ha proceduto con l’acquisizione di Whatsapp, pagandola la cifra record di 16 miliardi di dollari più altri 3 in stock option, per un totale di circa 42 dollari ad utente. Un conteggio basato sulla base utente di pochi mesi fa e che se fosse rifatto adesso darebbe il risultato, decisamente meno esoso, di 32 dollari ad utente attivo.
C’è però un problema, non da poco, nel mondo della finanza. Nonostante un parco utenti così vasto e così in espansione, il modello di business così com’è non produe margini, sia perchè il costo dell’abbonamento è molto basso, sia perchè non vengono inseriti contenuti pubblicitari.
Proprio la pubblicità e servizi di gaming a pagamento sembrano essere le future fonti di margine per Whatsapp, d’altra parte le piattaforme concorrenti, pur se con parchi utenti decisamente più contenuti, sembrano marciare a tassi di crescita di margine più alti. Tuttavia uno dei fondatori di WhatsApp, Jan Koum, che Zuckerberg ha mantenuto al suo posto nonostante l’acquisizione, è da sempre contrario all’inserimento di contenuti pubblicitari e non ha intenzione di intervenire sul costo dell’abbonamento.
L’uovo di Colombo allora potrà essere proprio la possibilità di telefonare via Whatsapp. Questo però significherà andare a combattere gli operatori di telefonia mobile che forniscono anche servizi di traffico dati.
C’è inoltre il problema della convivenza con Facebook, al momento l’acquisizione non è coincisa con l’integrazione, ma probabilmente ci sarà un momento i costi di gestione di due banche dati separate suggeriranno l’integrazione dei database.