Concerto evento, quello di sabato 18 marzo 2023, alle ore 20,30, ad ingresso gratuito, nell’incantevole cornice della Cappella Palatina nel Complesso monumentale di San Pietro a Corte, promosso dal CTA Salerno aps in sinergia con l’Associazione AFI-Falaut, il Gruppo Archeologico Salernitano e la Confraternita S. Stefano, la Fondazione “Filiberto e Bianca Menna” e con il patrocinio morale del Comune di Salerno farà da preludio ai due festival: la XXVI edizione dei Concerti di Villa Guariglia in Tour che si terrà a luglio e il Falaut Festival in programma a settembre con masterclass e workshop e un gran galà al Teatro Verdi con la consegna del premio a Benoit Fromanger.
“Collaborare ad un progetto come “Concerti d’estate di Villa Guariglia”, così importante per il territorio e per la musica tutta, non può che riempire di gioia l’organizzazione di Falaut – ha dichiarato il Maestro Salvatore Lombardi – L’apertura culturale, la rete composta da realtà della nostra terra, il paesaggio, le eccellenze internazionali di Jacot e Maisano sono sostanza preziosa per la costruzione condivisa nella bellezza. In particolare il mio ringraziamento va al Cta, ad Acli Provinciali Salerno e al Gruppo Archeologico Salernitano con cui ci auguriamo di tessere un dialogo sempre più operativo nel futuro”.
Sarà un programma, quello proposto dal duo composto dal flautista svizzero Sébastian Jacot e dal pianista Raffaele Maisano, caratterizzato dalla ricerca esemplare di trasparenza del suono e per quella tipica freschezza e spontaneità dell’invenzione melodica. Sullo sfondo è sempre presente la raffinata sensibilità timbrica che rende altamente comunicativi i messaggi musicali. In queste pagine vi è da ammirare sia la semplicità aurea, di idee e forme liberamente condotte, getti spontanei d’ispirazione e voli di fantasia, felici ardimenti e in tutto e sempre una sicurezza indefettiva, in un periodare amabilmente melodico. La serata principierà con l’esecuzione della Sonate di Paul Hindemith, nei tempi, Heiter bewegt, Sehr langsam, Sehr lebhaft, Marsch. Nel 1936, a Berlino, Hindemith compose questa splendida pagina che faceva parte di una serie di sonate per tutti gli strumenti orchestrali. Scrisse al suo editore: “Sarete sorpresi di sapere che sto segnando l’intero strumento a fiato. Ho sempre avuto l’intenzione di fare un’intera serie di questi pezzi. In primo luogo, non c’è nulla di sensato per questi strumenti, ad eccezione di alcuni pezzi classici, quindi non è da un punto di vista commerciale attuale, ma a lungo termine vale la pena di arricchire questa letteratura. E in secondo luogo, ora che mi sono interessato così tanto alla musica per fiati, ho un grande desiderio di questi pezzi”. Con questo, Hindemith aveva ovviamente toccato un punto dolente nell’anima del flautista. In effetti, il repertorio dal primo periodo classico in poi è abbastanza gestibile e una nuova fase della musica per flauto era appena iniziata, soprattutto in Francia. Gustav Scheck e Walter Gieseking dovevano presentare la sonata qui in Germania, ma questo evento cadde vittima del regime dominante. La prima ha avuto luogo durante il primo viaggio di Hindemith in America nell’aprile 1937 da George Barrère (flauto) e Jesús Maria Sanromá (pianoforte). La sonata in tre movimenti con la marcia finale, che sembra quasi un quarto movimento, entrò immediatamente nel repertorio standard dei flautisti, come tutte le altre sonate di Hindemith per altri strumenti. Si passerà, quindi ad un’opera per flauto solo, la Sonata Appassionata di Sigfrid Karg-Elert. Sono diverse le curiosità degne di nota nella vita del musicista Sigfrid Karg-Elert, nato nel 1877 in un paesino dell’attuale Germania col nome di Siegfried Theodor Karg, allievo di Edvard Grieg e successore di Max Reger nella cattedra di quella materia al Conservatorio di Lipsia. Nell’opera di questo compositore – certamente poco noto al grande pubblico – spicca un’importante produzione per flauto: pare Karg-Elert fosse affascinato dalle illimitate possibilità tecniche di questo strumento, così come messo a punto nell’Ottocento da Theobald Böhm; fu anche grazie a lui che il flauto scoprì l’inizio di una nuova fortunata stagione di importanti composizioni. Tra queste, la Sonata Appassionata per flauto solo ha sicuramente un posto di prim’ordine: uno straordinario e lirico assolo di cinque minuti dai tratti tipicamente tardo-romantici, ricco di slanci alternati a momenti meditativi. Composizioni destinate al solo flauto, senza il basso continuo, sono piuttosto rare per il Settecento e la particolare Sonata in la minore di Carl Philipp Emanuel, il più dotato fra i figli di Bach, è un brano per il quale è difficile trovare modelli o riferimenti: la Partita BWV 1013 del padre risale agli anni Venti, lo stesso periodo della Sonata in do maggiore e di gran parte della sua produzione per flauto ma, come la Sonata bachiana, ricorda una suite barocca ridotta a quattro movimenti. Pochi decenni più tardi Carl Philipp riprende la tonalità della Partita paterna, ma produce un’opera davvero singolare nella forma e nello stile: per quanto appartenga senz’altro al mondo dell’Empfindsamkeit, la particolare sensibilità in cui si espresse principalmente C.Ph.E. Bach, i suoi tre movimenti sono del tutto particolari, con sprazzi di una qualità visionaria, quasi lunare, che porta lontano dal nostro, pur variegato, immaginario sonoro del Settecento. Fu alla fine della sua vita, intorno al 1957 che Francis Poulenc scrisse la meravigliosa Sonata per flauto e pianoforte, divenuta immediatamente un classico del repertorio. La sua naturalezza e bellezza quasi disarmante, soprattutto nel lento movimento centrale, dimostra che il genio risiede nella semplicità. Poulenc compose la sonata per conto della Fondazione Coolidge e per il flautista Jean-Pierre Rampal, il quale alla prima, dovette bissare il secondo movimento su richiesta del pubblico. Anche se l’opera ha tutte le caratteristiche tipiche francesi, è allo stesso tempo figlia del neobarocco e di conseguenza semplice nella sua forma esteriore. La sonata è suddivisa in tre movimenti: Allegro malinconico, Cantilena: Assez lent, Presto giocoso.
Il movimento d’apertura inizia con quattro caratteristiche biscrome del flauto, spesso ripetute. L’idea tematica principale, dal carattere pensoso, a volte interlocutorio, è contrastata da un dolce motivo centrale. Il flauto è impegnato in un doppio staccato e in altri passaggi molto difficili. Il secondo movimento, più lento e riservato, è introdotto dal pianoforte, poi in eco alla ripresa del flauto. La suggestiva melodia scorre tra i due strumenti quasi priva di decorazioni; all’improvviso appare un episodio del flauto con note alte e forti. Nel movimento finale, in prevalenza veloce e robusto, accanto al frivolo tema principale, ritroviamo le melodie del primo movimento e una brevissima citazione della Badinerie, tratta dalla Suite per orchestra n. 2 di Johann Sebastian Bach. Finale dedicato a Johann Sebastian Bach con la Sonata per flauto e basso BWV 1034, nei tempi, Adagio ma non tanto, Allegro, Andante, Allegro, scritta in tonalità di mi minore, una chiave allora considerata in generale più pensierosa, profonda, triste e desolata. Eppure il suo Andante in sol maggiore concede una qualche luminosità, quando il flauto si schiude ad una melodia nobile, elegantemente figurata, sempre comunque con un certo grado di austerità. In effetti, se teniamo conto dell’affermazione di Quantz secondo cui il nuovo modello di strumento in quattro pezzi (con una estensione che poteva spingersi anche nella zona sovracuta con una maggiore capacità di brillantezza ed agilità) sarebbe stato costruito intorno al 1720-1722, l’interesse di Bach coinciderebbe proprio col periodo di diffusione del nuovo strumento in considerazione anche del cambiamento della vecchia tecnica e della scrittura flautistica. Caratteristica delle pagine bachiane, le lunghe frasi senza soluzione di continuità, le frequenti modulazioni, le scale e le successioni di arpeggi che portano anche sul flauto una tecnica che trasmigrava dallo strumento a tastiera al violino, quindi, al flauto e all’oboe, strumenti, questi ultimi due, più giovani e di ancora scarna letteratura. Il cembalo obbligato inoltre accentua strutturalmente il gioco delle parti in una concertazione serrata tra i due strumenti, che realmente dialogano tra di loro come in forma di concerto.