Il fatto. Con ricorso notificato in data 14.04.2016 e depositato in data 6.05.2016, il ricorrente, quale proprietario di un immobile sito nel territorio comunale ha impugnato il permesso di costruire e successiva scia in variante, presentata dal controinteressato, in favore del quale il Comune aveva assentito la realizzazione di un limitrofo fabbricato a due piani fuori terra, oltre piano seminterrato e sottotetto.
Secondo la difesa del controinteressato (Avv. Giovanni Maria di Lieto),<<il ricorrente avrebbe dovuto in buona fede attivarsi immediatamente – già noti gli estremi del permesso di costruire e l’oggetto dello stesso – per conoscere il progetto e tutti gli atti del procedimento al fine di svolgere subito quelle censure che ha invece strumentalmente deciso di rinviare a lavori già strutturalmente completati sin dall’agosto 2015, con ricorso al Tar notificato ad aprile 2016 (dopo aver strumentalmente presentato istanza di accesso agli atti a febbraio 2016, trascorsi ben due anni dall’inizio lavori). […] In altri termini, il vicino che intenda avversare un intervento edilizio ha il preciso onere di attivarsi tempestivamente secondo i canoni di buona fede in senso oggettivo, senza differire colposamente o comunque senza valida ragione l’impugnativa del relativo titolo alla fine dei lavori, quando ciò non sia oggettivamente necessario ai fini del ricorso.Nel caso di specie, dagli elementi risultanti dalla documentazione in atti, è possibile desumere come detta “effettiva consapevolezza”, sia della lesione che degli elementi essenziali, sia stata acquisita in un momento decisamente anteriore alla data di presentazione dell’istanza di accesso agli atti del ricorrente di febbraio 2016 e alla data di effettiva di proposizione del ricorso (aprile 2016)>>.
Con sentenza pubblicata il 26/10/2022, il Tar Campania Salerno Sez. II^ ha ritenuto fondate le argomentazioni sostenute dall’Avv. Giovanni Maria di Lieto, difensore del controinteressato e ha respinto il ricorso.
Si legge nella sentenza in esame: <<Il tenore delle dichiarazioni sopra trascritte è tale, ad avviso del Collegio, dacomprovare – sia pure in via presuntiva, ed in assenza di prova, anche presuntiva,del contrario – che lo stato di avanzamento dei lavori, alla data del 16.02.2016,disvelasse da tempo la sagoma dell’edificio, tanto consentire alla ricorrente -proprietaria di un edificio frontistante rispetto a quello assentito e, come tale,fruitrice di un osservatorio privilegiato – di ipotizzare quegli specifici vizi dilegittimità in termini di altezza e distanza dai confini che sono stati tardivamenteproposti in ricorso>> […]<<Del resto, come chiarito dal TAR Campania, «la vicinitas di un soggetto rispetto all’area e alle opere edilizie contestate, oltre ad incidere sull’interesse ad agire,induce a ritenere che lo stesso abbia potuto avere più facilmente conoscenza della loro entità anche prima della conclusione dei lavori».
Chi intende, dunque, contestare adeguatamente un titolo edilizio ha l’onere diesercitare l’accesso documentale in modo sollecito, pena la trasformazione dell’istanza ostensiva in un inammissibile strumento di posticipazione del termine decadenziale per proporre ricorso, con conseguente frustrazione delle esigenze allostesso sottese, quali la certezza delle situazioni giuridiche. Se da un lato, infatti, deve essere assicurata al vicino la tutela in sede giurisdizionale dei propri interessi nei confronti di un intervento edilizio ritenuto illegittimo, dall’altro, deve parimenti essere salvaguardato quello del titolare del permesso di costruire a che l’esercizio di detta tutela venga attivato senza indugio e non irragionevolmente differito nel tempo, determinando una situazione di incertezza delle situazioni giuridiche contraria ai principi ordinamentali>>.