Sbarca al Teatro Ghirelli il “Contemporary Speech ’23 Winter” di Progetto Sonora, in sinergia con il Cta di Salerno e l’Associazione Concerti d’estate di Villa Guariglia in Tour, un mini-cartellone che presenta tre concerti, patrocinati dalla Regione Campania, in questo week-end di inizio d’anno, interamente dedicata alla musica per così dire “extra-colta”.
Start venerdì 13 gennaio alle ore 20,30 con The Swing Tree, che vede protagonisti Marco Sannini alla tromba, Oscar Montalbano alla chitarra e Marco De Tilla al contrabbasso con special guest la voce di Virginia Sorrentino per un omaggio al jazz classico del Nel jazz, i termini della contesa tradizione contro innovazione si aggiornano senza tregua.
Da questo percorso non è escluso certo il jazz cantato, che ha le sue brave propaggini di ricerca, avanguardia e sperimentazione. Ma, rispetto alle forme esclusivamente strumentali della musica improvvisata, il jazz vocale ha sempre saputo rinnovarsi guardando, più che al futuro, al presente: alla musica di consumo, al pop in tutte le sue variazioni generazionali, ai suoni che, di volta in volta, hanno caratterizzato le varie epoche. Influssi, questi, che sono spesso ben lontani sia dalla musica colta, sia da quella improvvisata. E’, forse, questa costante vicinanza alle musiche commerciali che ha fatto del jazz cantato un eterno “blockbuster”. E “blockbuster” si rivelerà il concerto del The Swing tree protagonista di una lunga scaletta di immortali successi, con l’immagine e l’intenzione sempre solare dell’interpretazione di classici quali il Duke Ellington, schizzato da Don’t get around much anymore, dedicata all’incomparabile sax alto di Johnny Hodges, continuando a spaziare tra gli anni venti e trenta, con brani celebri quali “Sweet Georgia Brown”, “Cheek to Cheek” o l’immancabile “Summertime”, fino a “Rosetta” a “C’est di bon”. Il giorno successivo, ma alle 19, sempre sul palcoscenico del teatro Ghirelli, sarà di scena il Tango Nuevo, con “Alguien le dice al tango” Portatore di messaggi misti, il tango è ancora accerchiato dai luoghi comuni. Il pacchetto di aggettivi con cui lo si suole definire, sensuale, peccaminoso, trasgressivo, lascivo, scandaloso, ruffiano, finisce col banalizzarlo e limitarlo. Nello spettacolo, cui abbiamo assisteremo, con protagonisti la voce di Adria Mortari, Salvatore Biancardi al pianoforte, Ivano Pagliuso alla chitarra e il Sonora Sax Quartet con Domenico Luciano, Angela Colucci, Nicola De Giacomo e Luigi Cioffi, un tango da scomporre per ricomporlo in nuove articolazioni musicali e teatrali. Le forti emozioni del poema “Elena Bellamuerte” di Macedonio Fernàndez e del poema epico “Martin Fierro” di José Hernàndez, ci accorgeremo che il tango è sembrato avere un qualche potere taumaturgico tale, da rimandare indefinitamente l’incontro con la realtà o di inventare una realtà parallela. Attraverso la musica, rigorosamente ascrivibile al cosiddetto tango viejo, vedremo il tango tallonare gli emigranti di ieri e gli esiliati di oggi. Scissi, in questo romanzo rio-platense in rosso e nero, vivono materiali europei e materiali oltreoceanici, conservando una parte di sé inguaribilmente straniera. Parole e musica perturbanti come è tutto ciò che rimanda a pulsioni ancestrali rimosse nell’Es, pur tuttavia presenti nell’inconscio collettivo. Il perturbante, quindi l’ancestrale e il primitivo, che si sono fusi senza iati con la musica alta costituendo anzi una sorta di sfera armonioso nel quale gli elementi costituenti la struttura risuonano per simpatia; musica alta, non è mai in conflitto ed incompatibile con la musica popolare delle radici. Il tango va consumato esattamente nell’interludio tra la mancanza e la pienezza, essendo una forma di sopravvivenza, una maniera di riconoscersi e rappresentarsi, di esorcizzare la nostalgia, l’abbandono, il senso di estraneità, in cui ogni “differenza” scomparirà in un abbraccio, in una delle condizioni più stralunate e poetiche della cultura latino-americana, della cultura dell’esilio in genere, della cultura pronta a nuove ibridazioni e acclimatazioni, che si è addentrata ormai in chissà quali sobborghi della nostra anima. Gran finale domenica 15 gennaio alle ore 19, con la tromba di Nello Salza per la lezione-concerto, che ormai porta in giro da anni, dedicata ad Ennio Morricone, con Vincenzo Romano al pianoforte e tastiere, David Medina al basso e Gianfranco Medina alla batteria. Principierà il concerto con il tema di Mission, quel Gabriel’s oboe in cui si esprime la resurrezione di speranza e gioia e l’inversione del tempo che è alla base di questa pagina. Un brano che ha la capacità di entrare, e soprattutto rimanere, nel cuore di chi ascolta. Le musiche da cinema di Ennio Morricone sono una miniera inesauribile, un tesoro di fantasie del pensiero associate a immagini di ogni genere, e sono anche oltremodo versatili, disponibili a essere trattate, ritrattate, riscoperte. Tutti avranno ascoltato nella propria vita un “Tribute to Ennio Morricone”: dietro quelle colonne sonore sonore che tutti conosciamo, fischiamo, canticchiamo e che vengono eseguite da qualsivoglia formazione, ragazzini, bande, orchestre giovanili, concerti da camera, grandi arene, c’è l’uso elegante di tecniche modernissime, come il serialismo e la musica concreta, combinate con elementi di popular music, influssi folk, canti celtici, canto gregoriano, trombe mariachi e un complesso di esecutori della taglia di un’orchestra sinfonica. In “Il buono, il brutto, il cattivo”, Morricone usa una melodia convenzionale, suonata da una chitarra elettrica, un’ocarina, e un’armonica, accanto a strumentazioni di tipo ancora meno convenzionale che includono il fischio, jodel, grugniti, vocalizzazioni talvolta irriconoscibili come umane, schiocchi di frusta e fucilate. Morricone ha voltato le spalle alle convenzioni hollywoodiane per il western e alla loro enfatizzazione dei profili melodici e dei caratteri armonici propri delle canzoni tradizionali e dell’inedia, e, così, ha definito un nuovo modello di riferimento per la colonna sonora di questo genere. La musica di Morricone è simbolo di esaltazione di tracce melodiche spesso fortemente emozionali, in una trama di armonie intelligenti. Scopriremo Nello splendido fischiatore nel “Pugno di dollari”, prima di impugnare la tromba, Poi, una scaletta, in cui passerà dalla spiegazione dell’ ostinato, a “Metti una sera a cena” e “Il Clan dei Siciliani” sino a “La Califfa”, ad “Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto”, per chiudere con la “Leggenda del pianista sull’Oceano” e “C’era una volta il West”.