La ricerca della memoria. Atena a Velia/Elea.

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di Pasquale Martucci

Importante ritrovamento di un tempio dedicato alla dea Atena, risalente a 2500 anni fa, oltre che ceramiche, suppellettili e resti di armi ed elmi di guerrieri.


 

La notizia è di alcuni giorni fa. Si tratta del ritrovamento di una costruzione di 18 metri di lunghezza e 7 di larghezza, risalente al VI secolo a.C., realizzata con tecniche particolarmente raffinate; si sono poi rinvenute ceramiche, vasi e frammenti di armi da guerra, in bronzo e ferro, parti di uno scudo decorato, due elmi (uno etrusco, l’altro calcidese).

Questi resti non ancora del tutto analizzati potrebbero contenere iscrizioni per ricostruire con precisione anche la stessa identità dei guerrieri che li avevano indossati.

Dai primi decenni del novecento, si ipotizzava che sull’Acropoli di Velia ci fosse stata una struttura sacra preesistente i ritrovamenti presenti nel sito archeologico. La cosa è stata confermata dagli scavi partiti l’estate scorsa, con puntuali precisazioni su collocazione, planimetria e rapporto con le strutture successive.

Velia (romana) ed Elea (greca), chiamata ancora prima Hyele dalla sorgente alle spalle del promontorio su cui fu edificata, fu fondata, nella seconda metà del VI secolo, dai Focei in fuga dopo la Battaglia di Alalia, davanti alle coste della Corsica nel mare di Sardegna, tra il 541 e il 535 a.C.

Lo scontro era avvenuto per la grande influenza coloniale e commerciale che i Focei esercitavano nel Tirreno, dopo essere sfuggiti alla potenza militare del persiano Ciro il Grande. Essi vinsero la prima grande battaglia navale della storia, epica e sanguinosa, pagando comunque un prezzo altissimo: fu definita una “vittoria cadmea” (in contesti romani sarebbe chiamata di Pirro), in cui il vincitore patisce sofferenze analoghe a quelle del vinto. L’espressione sarebbe ricondotta alla vicenda della lotta dei discendenti di Cadmo, che si uccisero per il possesso di Tebe. Analoga sorte toccò ai Focei che, superstiti di quella vincente ed al tempo stesso sanguinosa battaglia, riuscirono infine a fondare una nuova polis. Lo spiega bene lo storico greco Erodoto di Alicarnasso, che si occupò lungamente delle cause che portarono alla guerra tra le poleis greche e l’Impero persiano, specificando che gli uomini sono spinti dal desiderio epico di gloria per lasciare un ricordo di sé, considerando che le loro azioni sono determinate dall’esistenza di una entità divina che riconduce al destino.

I Focei allora, equipaggiate anch’essi le loro navi che erano in numero di 60, andarono loro incontro nel mare detto di Sardegna. Scontratisi in battaglia navale, i Focei ottennero una vittoria cadmea, poiché quaranta loro navi furono distrutte, e le rimanenti venti erano inservibili, con i rostri spezzati”. (Erodoto, Storie, Libro I, 166)

Quei Focei si spostarono allora verso sud, a Rhegion, per poi risalire ed approdare su quel promontorio in terra Enotria. Qui avrebbero innalzato il tempio dedicato alla dea Atena, e in suo onore avrebbero offerto reliquie ed armi, quelle dell’epico scontro. I Focei strinsero alleanze con le genti del luogo e, acquistato un terreno, diedero lustro alla città, che divenne poi famosa per la ricchezza, la politica, la cultura.

Elea era una potenza nell’antichità: quando giunsero su quel promontorio, i Greci fecero opera di assimilazione di ciò che trovarono ma imposero la loro organizzazione politica ed avviarono rapporti commerciali, prima con comunità simili, poi si rivolsero ad un ambito molto più esteso; avevano trovato terreni fertili che permisero di produrre in maniera considerevole, anche grazie alla diffusione di un importante artigianato. E fu così che quella polis divenne in breve un riferimento nel sud Tirreno. Intorno al V secolo a.C. la città, già nota per i suoi traffici e commerci, cominciò ad essere di notevole importanza culturale per la Scuola eleatica, fondata da Parmenide e consolidata dal suo allievo Zenone. Nel IV secolo fece parte della lega delle città per arrestare l’avanzata dei Lucani. In epoca romana, Elea (in seguito Velia), godette di una certa autonomia e conservò le tradizioni greche fino al 70 a.C., la lingua greca e una propria moneta. Ai nuovi conquistatori aveva fornito navi per le guerre puniche; poi divenne luogo di villeggiatura e di cura per aristocratici romani, forse grazie anche alla presenza della scuola medico-filosofica; servì infine da base navale per Bruto ed Ottaviano (tra il 44 e il 38 a. C.). La prosperità della città continuò fino a tutto il I secolo d.C., quando si costruirono numerose ville e piccoli insediamenti, unitamente a nuovi edifici pubblici e alle thermae. Fu soprattutto la costruzione, avviata nel 132 a.C., della Via Popilia, che collegava Roma con il sud della penisola, che tagliarono fuori Velia dai commerci e condussero la città a un progressivo isolamento e impoverimento.

Ritornando ai fondatori di Elea, i Focei certamente erano particolarmente devoti alla dea Atena, il cui nome significava “la mente di Dio”, in quanto nata dalla testa di Zeus, quando il re degli dei, dopo aver giaciuto con Metis, il cui nome significava prudenza, saggezza, ma anche consiglio, disegno, decise di ingoiarla per timore di essere detronizzato da un futuro figlio, o forse, come qualcuno ha avanzato, invidioso della sapienza della donna. Dopo un grande mal di testa, con l’aiuto di Efesto, Zeus riuscì ad estrarre dal suo cranio una bambina, che divenne la dea greca della sapienza, delle arti e della strategia in battaglia, la protettrice di Atene che le aveva dedicato il Partenone. Come dea protettrice delle Acropoli, e coinvolta negli avvenimenti del cosmo, aveva templi sparsi in tutto il mondo ellenistico, compresi Paestum ed ora Velia. La dea Atena, dotata di una grande mente come sua madre Metis, aveva donato agli uomini l’ulivo come simbolo di ricchezza. Ella garantiva l’equità delle leggi, l’agricoltura e dunque la prosperità, la protezione della famiglia, l’onore del focolare, la morigeratezza dei costumi e la salute dei cittadini. Ecco perché anche in quella nuova polis, la dea doveva essere omaggiata di un tempio per simboleggiare la civiltà che ha imposto il dominio sul mondo.

Questi rimandi storici e mitologici servono a considerare che la ricchezza del nostro territorio è particolarmente evidente e rappresenta la possibilità di nuovi approfondimenti e scoperte. Di conseguenza, è importante continuare ad intraprendere lavori di scavo per una ricostruzione sempre più attendibile del nostro passato e per non cancellare la memoria.

Per queste ragioni, sollecito in questo scritto la determinante azione verso la ricerca, la conoscenza, la salvaguardia della nostra storia.

A cura di Thomas Incontri