Giffoni, la rivoluzione degli invisibili.

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Come si presenta Giffoni alle soglie del nuovo anno? Quali sono le strade che affronterà nel prossimo futuro? Il 2022 può essere definito il primo anno del post-pandemia e il punto di partenza di una nuova, decisiva, tappa del viaggio di Giffoni.

Il 2020 e il 2021 sono stati per me un tutt’uno – spiega il direttore Claudio Gubitosidue anni dedicati alle celebrazioni del cinquantennale che hanno mostrato al mondo quanto il Festival sia necessario, oggi e sempre, per ricucire le profonde lacerazioni che la pandemia e il lockdown hanno provocato nei nostri ragazzi. Questo percorso ha avuto il suo sviluppo ma ora, alle soglie del 2022, mi sento pronto per intraprendere un nuovo percorso. Sono lieto di annunciare che nel 2022 il viaggio di Giffoni partirà da una parola, da un’idea: gli invisibili. Non sarà un tema o un argomento di discussione estemporaneo: sarà la mia rivoluzione, il futuro del Festival e l’impegno al quale chiamo fin da ora tutti quelli che mi vogliono bene e amano Giffoni. Sarà l’unità di misura, la ragion d’essere e l’ago della bilancia di tutto quello che faremo. Nel futuro di Giffoni non ci saranno strade da percorrere se non quella di portare avanti – con estremo rigore, serietà e determinazione – una vera e propria rivoluzione: la rivoluzione degli invisibili”.

E continua: “Perché vi dico questo? Perché in questi mesi ho avuto un pensiero fisso, un tormento che non mi ha abbandonato mai: sento di avere migliaia di figli adottivi in giro per il mondo, perché Giffoni è famiglia, è casa. E cosa fa un padre nei momenti di difficoltà? Aiuta i propri figli, soprattutto quelli che ne hanno più bisogno. In questi mesi ho deciso che non avrei lasciato soli i miei ragazzi, nemmeno per un attimo. Questa generazione è dannatamente complicata perché i nostri ragazzi sono iper-connessi ma, quasi come contrappasso, sono spesso soli. Sono bombardati di parole ma spesso non trovano quelle più giuste per descrivere ciò che sentono e ciò che desiderano. È il paradosso di questi tempi. In un attimo possono collegarsi con il mondo intero ma spesso per il mondo sembrano non esistere. Ecco perché è giusto, è doveroso, è essenziale che Giffoni dia voce alla loro energia, alle grandi qualità che i nostri ragazzi hanno ma non riescono ad esprimere”.

“La vera rivoluzione – aggiunge Gubitosi – quella che ho in testa, sarà rendere finalmente visibili questi ragazzi e il loro sconfinato potenziale. Da chi si sentono rappresentati? Forse da nessuno e, perciò, sento forte la responsabilità di aiutarli a far emergere la loro esigenza di esserci, ad esprimere i propri pensieri e a diventare padroni dei propri sogni, del proprio futuro. Potere agli invisibili? Perché no. Anche contro certe insopportabili ipocrisie. C’è un fondo destinato a loro, è il NextGenerationEu. Sono soldi, risorse stanziate per stimolare la ripresa, che rappresentano il più ingente pacchetto di misure di stimolo mai finanziato in Europa. Servono per ricostruire l’Europa dopo la pandemia, un’Europa più ecologica, più digitale, più resiliente. Ma se sono risorse dedicate ai giovani, chi dovrebbe decidere come impiegarle? La risposta è scontata: i giovani ovviamente. Eppure nessuno si è mai sognato di coinvolgerli, di consumare scelte condivise, di renderli davvero protagonisti. Tutto questo è ipocrita e io da una vita combatto l’ipocrisia. E non smetterò di farlo certo oggi. L’invisibile alberga dentro ciascuno di noi. Perché in ciascuno di noi c’è una dimensione che non esponiamo al mondo, un pezzo celato e che spesso rappresenta l’essenza più vera e più autentica, quella parte, cioè, che non si vede ma che è essenziale, quella parte che spesso resta muta per paura del giudizio altrui, perché ci crea disagio, ci fa paura. A Giffoni spesso succede di prendersi cura proprio di questa parte. E’ una malia, quella che accade qui, che non è facile nemmeno da spiegare. A Giffoni tutte le convinzioni spesso vengono messe in dubbio e c’è un sovvertimento di equilibri che dà ai ragazzi fiducia e speranza. Dobbiamo farlo ancora. Soprattutto oggi”.

“Oggi che ci sono milioni di ragazzi che lasciano la scuola, ragazzi vittime di quella povertà educativa di cui nessuno parla – afferma – ci sono i rifugiati, quelli che lottano per affermare le proprie idee. Quelli che fuggono dalla fame, da morte certa. Quelli che sono costretti a scendere a patti con la propria dignità pur di sopravvivere. Ci sono i ragazzi che percepiscono la propria diversità come un disvalore, ci sono gli atipici che non comprendono il mondo e che il mondo non sembra comprendere. Questi e tanti altri sono gli invisibili: ragazzi e ragazze che esistono – li vediamo, sono tra di noi – ma che diventano invisibili nel momento in cui li cancelliamo dai registri della nostra società per rinchiuderli in una sorta di girone dantesco che sprigiona umanità, una voglia di vita sopita ma che arde sotto la cenere. È insieme a ciascuno di loro che io voglio fare la rivoluzione”.

Chiare le idee e la strada da intraprendere: “Da dove intendo partire? Da un’azione incessante di sensibilizzazione che dovrà necessariamente coinvolgere i media, il cinema e la televisione – dice Gubitosi – Faccio una proposta che vi potrà sembrare assurda ma sulla quale vi invito a riflettere con grande serietà. Vorrei che, la prossima settimana, tutti i programmi televisivi non venissero presentati da chi è già “visibile” e i talk non ospitassero i “soliti noti” che grazie alla tv diventano ancora più noti. Tutto ruota intorno a chi ha già qualcosa. Io, invece, vorrei che ci fosse spazio e voce per chi non ha (ancora) nulla. Per una settimana, allora, potremmo meritarci programmi come “Ballando con i normali”, “Siamo tutti fratelli”, “Nessuno è uguale show”, “Cuochi semplicemente per vivere”, “Apriamo ogni porta”. Invece dei soliti baroni che

discutono a tutte le ore del vaccino, vorrei vedere in TV i ricercatori e le ricercatrici che hanno lavorato giorno e notte per progettare e sviluppare quel vaccino. Anche “in un quarto d’ora” – non necessariamente “in mezz’ora” – la televisione può far emergere qualcosa o qualcuno che è invisibile. Sarebbe veramente rivoluzionario se il popolo degli invisibili potesse dettare l’agenda, condizionare i palinsesti, essere finalmente l’ago della bilancia nelle scelte politiche, economiche, sociali e culturali. Questa rivoluzione si alimenterà di testimonianza: dimostrerò che si può fare, che non costa nulla farlo. In una parola dimostrerò come è bello, terapeutico, direi salvifico, agire per sovvertire, scompaginare, creare un nuovo equilibrio”.

E conclude: “Per fare tutto questo serve sano ottimismo, onirico realismo e quella capacità imprescindibile di annusare il futuro, intuirlo ed anticiparlo. Proprio come è accaduto 52 anni fa, quando un’immagine potente mi si è piazzata davanti agli occhi a soli diciotto anni. Quell’immagine aveva il sapore dell’avvenire: era un sogno ed oggi è diventato realtà, era un sogno che ha saputo cambiare il mondo. Proprio come accadrà oggi: a cambiare il mondo saranno gli invisibili. Io ci credo e con loro farò la rivoluzione”.