Anche all’epoca del “Grand Tour” per entrare in Italia era richiesto il “Green Pass”. Il professor Rosario Pellegrino a “La  Congrega Letteraria” di Vietri sul Mare con le “Lettere dall’Italia” di Charles de Brosses.

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Anche nel 1700, all’epoca del “Grand Tour”, esisteva il “Green Pass”: era denominato “Bollettino di Sanità” e certificava l’assenza di epidemie nel luogo da cui si proveniva ed evitava al viaggiatore la quarantena. La regolarità del bollettino era argomento molto serio, su cui non si transigeva affatto. “ A volte, quando qualcuno risultava antipatico a qualche persona più o meno influente, veniva fatta pervenire alle autorità della località scelta per trascorrere un periodo di permanenza,  una lettera  nella quale si avvisava che quella persona proveniva da un paese dove era diffusa una pandemia. Non essendo in possesso del  bollettino sanitario quella persona  veniva rinchiusa per trascorrere il periodo di quarantena”. A raccontare questo simpatico aneddoto è stato il professor Rosario Pellegrino, Associato di “Lingua e Traduzione Francese”  presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Salerno, che ha presentato il libro “Lettere dall’Italia Charles de Brosses a Roma”, Oèdipus Edizioni, di cui ha curato la traduzione, in occasione del terzo degli “Incontri di Cultura” organizzati da “La Congrega Letteraria” di Vietri sul Mare, diretta da Alfonso Vincenzo Mauro e Antonio Gazia.  Il professor Pellegrino ha ricordato che molti rampolli delle famiglie notabili inglesi e francesi, ma anche di altri paesi, venivano in Italia, anche per periodi molto lunghi, per visitare le città più importanti e completare la loro formazione culturale. Questo tipo di turismo veniva definito “Grand Tour”.  A visitare quelle che sono state le tappe del “Grand Tour” in Italia fu anche il filologo e archeologo francese,  Charles de Brosses, famoso per i suoi tanti interessi e pubblicazioni, ma soprattutto per aver scritto  la trilogia  “Lettere dall’Italia”. Il professor  Pellegrino ha illustrato il contesto in cui operò De Brosses e le tante attività di cui si occupava:” Aveva interesse per  la storia,  la geografia e  la   letteratura. Si occupava anche di fede e religione. Ha avuto un grande amore per lo studio dell’autore latino Sallustio che lo ha portato a viaggiare. A 32 anni giunge in Italia, va a Roma dove viene ricevuto anche dal Papa, anche se contesta l’autorità ecclesiastica perché  non condivide che molti luoghi storici siano stati destinati al culto religioso,   e fa  anche “una scappata” a Napoli che definisce “Capitale della musica”. Va anche a Baia, visita la solfatara di Pozzuoli e le rovine di Ercolano. Si fa calare nel cratere del Vesuvio, dove dice di non voler tornare mai più, e parla anche del miracolo di San Gennaro, assumendo una posizione critica: descrive l’evento attribuendo all’escursione termica, dovuta alla presenza di un numero elevatissimo di persone nella chiesa,  la causa della liquefazione del sangue precedentemente conservato in un luogo fresco”. Il professor Pellegrino ha anche spiegato che non esiste un rapporto biunivoco tra due lingue: ” La traduzione è sempre perdita e acquisizione”.  La professoressa Valeria Anna Vaccaro, Ricercatrice di Lingua e Traduzione Francese  all’Università di Salerno  ha ricordato che De Brosses fu uno dei promotori del “Grand Tour” in Italia :”  Il lavoro del professor Pellegrino in questo testo  fa rivivere le esperienze romane di De Brosses  rispettandone la purezza e l’eleganza stilistica, esaltandone i tratti peculiari come ad esempio l’ironia. C’è un elemento che accomuna Charles De Brosses a Rosario  Pellegrino: l’eleganza della semplicità”.

Aniello Palumbo