Lo “Stadio Diego Armando Maradona” di Napoli raccontato dall’architetto Valentina Cirillo

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Lo “Stadio San Paolo” di Napoli da venerdì si chiama “Stadio Diego Armando Maradona”. Un omaggio del Comune di Napoli al più grande calciatore del mondo, scomparso il 25 novembre, che in quello stadio ha giocato dal 1984 al 1991. Grazie a lui, il 10 maggio del 1987, la squadra partenopea vinse il suo primo scudetto e nel 1990, sempre grazie al contributo fondamentale del “Pibe de Oro”, vinse anche il secondo scudetto. Lo stadio “San Paolo” che prima si chiamava “Del Sole” e oggi “Diego Armando Maradona” fu progettato dall’architetto Carlo Cocchia come ci ha raccontato l’architetto cavese Valentina Cirillo che per motivi professionali ha studiato gli stadi italiani:” L’architetto Cocchia, docente all’Università “Federico II” di Napoli, con il suo gruppo partecipò al concorso – premio bandito dal CONI. Lo stadio, pensato nel 1948, fu realizzato dall’impresa Bacci e inaugurato nel 1957. L’impianto originario prevedeva un solo anello, quello attualmente al livello superiore, ma su specifiche richieste ne fu aggiunto uno inferiore, al di sotto del livello stradale. La capienza iniziale era di 87.500 spettatori in piedi. Le tribune erano in travertino, sia nell’anello inferiore che in quello superiore, rette solo da gigantesche V di cemento armato. La costruzione del terzo anello e la struttura metallica della copertura dello stadio, realizzata per i Mondiali’90, pregiudicarono l’impianto originario, cancellando la lettura razionalista dello stadio e stravolgendo tutto l’equilibrio stilistico del quartiere legato alle altre strutture contemporanee quali: l’Arena Flegrea, gli edifici della Mostra d’Oltremare e la Facoltà di Ingegneria. La pesante gabbia metallica della copertura, che ha nascosto quasi del tutto lo stadio originale, è poggiata su 33 pilastri reticolari. Costò da sola 15 miliardi di lire e creò, da subito, diversi problemi, provocando la diminuzione del passaggio dell’aria e della luce verso l’interno e sul terreno di gioco, oltre al fatto che il terzo anello è inagibile a causa delle sollecitazioni che si venivano a creare con l’esultare dei tifosi e che si ripercuotevano sui pilastri e poi sottoterra, creando delle sollecitazioni anche negli edifici intorno”. Secondo l’architetto Valentina Cirillo, in occasione della nuova intitolazione si potrebbe valutare l’ipotesi di riportare lo stadio al progetto iniziale: “Potremmo così ritornare indietro nei ricordi di uno stadio stracolmo, quando Maradona ebbe la capacità di riscattare non solo il calcio partenopeo, ma l’intera città e l’intero Sud Italia. Abbattere quello che è la nostra storia? Mai, ma eliminare ciò che strutturalmente, oltre che visivamente deturpa l’architettura è un approccio da prendere in considerazione nonostante gli elevati costi per la dismissione e lo smaltimento del ferro”.

L’architetto Cirillo ha spiegato che quasi tutti gli stadi che hanno superato gli ottant’anni di vita potrebbero essere abbattuti. “Purtroppo la direzione che si sta prendendo non è sempre quella della tutela di questi impianti. Lo scorso maggio, la Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale della Lombardia ha affermato che il “San Siro”, conosciuto anche come lo stadio Giuseppe Meazza, in onore del grande calciatore, non presenta alcun interesse culturale e dunque può essere abbattuto. Le “Luci a San Siro”, che abbiamo tanto amato nelle parole di Roberto Vecchioni, si spegneranno per sempre. Stessa cosa sta capitando allo “Stadio Artemio Franchi” di Firenze, progettato nel 1929 dagli ingegneri Pier Luigi Nervi e Gioacchino Luigi Mellucci. A rischio abbattimento un gioiello del razionalismo italiano che, nonostante sia stato sottoposto a lavori di ristrutturazione per la Coppa del Mondo del 1990, rimane in gran parte intatto con la sua inconfondibile scala elicoidale centrale. Tutto questo è inammissibile ai sensi di tutte le Carte e le Convenzioni, nazionali e internazionali e contrario al concetto stesso di tutela”. Secondo l’architetto Cirillo: ” Forse proprio grazie a Maradona a Napoli, per un bel po’ di tempo, sarà accantonata l’idea di costruire un nuovo stadio fuori le mura della città partenopea per non vedere il già Stadio San Paolo diventare un’area dismessa o completamente abbattuto”. Anche a Salerno, già da un po’ di anni, si parla di abbattere la storica Curva Sud dello” Stadio Vestuti”, costruito nel 1931, per lasciare spazio a un centro commerciale.  “Queste strutture appartengono a tutti noi e non solo al mondo del calcio, perché sono la nostra storia, la storia di una Nazione, perché con le loro forme, le loro strutture, i loro materiali, il loro ingrandirsi per accogliere sempre più tifosi, rappresentano il XX Secolo con tutte le sue controversie e i suoi progressi”.

Aniello Palumbo