Anzichè ritenere che i mali della giustizia risiedano e si risolvano nel continuare a costruire barricate tra onesti e disonesti, così da far passare l’idea che introdurre ancora ipotesi di reato- ovviamente in materia di pubblica amministrazione- sia la cura efficace per far fronte alle disfunzioni di un intero sistema (nel solco del moralistico approccio di Mani Pulite) sarebbe utile e più realistico finalmente rendersi conto che il gigante ha i piedi sporchi e che vanno lavati con urgenza.
Al gigante giustizia si è offerto sinora il ruolo ed il compito di essere il grande moralizzatore, ma non ci si è accorti che mentre veniva tarato per far avere al Paese mani linde, progressivamente indebolendosi nelle fondamenta del suo corpo di garanzie, ai suoi piedi- cioè nel suo stesso basamento, fatto del rispetto dei diritti del singolo- si andava piano piano formando il calcare del dispregio del Giusto Processo.
Nel basamento sono i fondi, le strutture, l’organizzazione, sono cioè il funzionamento quotidiano e “normale” della macchina. Quello, per intendersi, destinato a tutti gli altri reati cosiddetti comuni e per tutti gli imputati comuni. Per costoro il gigante non ha bisogno di essere interpellato per essere l’alleato della lotta all’immoralità. Per costoro non importa se il gigante si muova lento, impacciato, vecchio, appesantito, senza risorse e soprattutto se, nel tentativo, di proseguire il suo cammino ed assicurare il suo (vero!) scopo gli sia consentito non avere l’attenzione necessaria ai diritti di garanzia.
E’ riduttivo, allora, l’approccio secondo cui la priorità assoluta per la riforma della giustizia sia la corruzione (che beninteso è un problema enorme) e che la lotta ad essa ne sia il viatico ineludibile e più avvertito. E’ vero che essa va sradicata nella maniera più decisa, ma ciò non ha nulla a che fare con il malfunzionamento stesso della giustizia. Una giustizia efficace è innanzitutto una giustizia tempestiva, in grado di offrire risposte in tempi ragionevoli. E’ una giustizia che vuole consentire accesso attutte le richieste. E’ una giustizia di qualità che garantisce maggiore uniformità di interpretazione, quindi maggiore certezza del diritto. Ma, soprattutto, una giustizia che funzioni perchè normalmente dotata degli strumenti e delle risorse essenziali con caratteristiche tali da favorire scambi ed investimenti.
Questa giustizia- non l’utilizzo di una giustizia a tutti i costi pur di condurre la lotta al malaffare- assicura una migliore concorrenza delle imprese e dei loro servizi. Basti riflettere a ciò che è avvenuto nel Mezzogiorno negli ultimi venti anni e porsi una domanda. Non è forse vero che il consolidamento e l’espansione della criminalità sono connessi alla diffusione di comportmaneti illegali e criminali nell’attività politica ed amministrativa, favoriti dal controllo dei cospicui flussi di spesa pubblica decentrata, determinando la formazione di un nuovo ceto di mediatori politici largamente permeabile alle pressioni criminose nel tentativo di espandere l’illecito con l’inserimento nel ricco mercato degli appalti pubblici della potenza economica acquisita col narcotraffico ed altre imprese illegali, il tutto nella frequentissima impossibilità talvolta di celebrare i processi per la mancanza delle aule o per la carenza di giudici e personale di cancelleria?
La strada, insomma, non può essere quella seguita fin qui.
Si deve abbandonare la visione secondo cui il gigante debba attivarsi perchè con la sua mole sia di aiuto a combattere fenomeni, e piuttosto avviare la ricerca di interventi strutturali di riforma e non più emergenziali per fronteggiare di volta in volta le “questioni calde” del momento.