a cura di Anna Zollo
Le donne italiane… trainano le imprese italiane: servizi, agricoltura, ristorazione ed artigianato
Come celebrare al meglio le donne nell’8 marzo? Senza trine e merletti e senza risultare melensi?
Un modo è quello di diffondere la grado di femminizzazione nella gestione delle imprese. Le imprese in questi ultimi anni sono tinte sempre più di rosa e lo hanno fatto in settori che erano stati lasciati “liberi” dagli uomini, percorrendo i tempi. Sono state capaci di trovare nicchie di mercato ritenute poco appetibili quali quello del benessere, della ristorazione del welness.
Hanno inoltre saputo coniugare la famiglia con il lavoro, creandosi nuove alternative e nuovi modi di fare impresa: blogger, life coaching, influencer etc
Secondo i dati elaborati da Unioncamere-InfoCamere sono oltre un milione e trecentomila le imprese femminili. Il dato, in crescita (diecimila in più nel 2016 con un incremento dello 0,72 per cento sul 2015). Quasi 10mila imprese in più nel 2016, con una variazione del +0,72% rispetto al 2015 . È di 1 a 5 la presenza femminile, a conduzione di un’impresa, confermano la crescita della presenza femminile nel sistema produttivo nazionale. Sono quindi, 1 milione e 321mila, le imprese Pink , pari al 21,74% del totale delle imprese registrate in Italia. Cambia lievemente il settore in cui esse operano, oggi sono maggiormente concentrate nel settore terziario, dove operano circa i due terzi (65,7%; circa 870mila) del totale delle imprese “donna” e nel settore primario (agricoltura, silvicoltura e pesca), in cui si concentra quasi il 16,5% delle imprese femminili (circa 218 mila).
Soprattutto esse dirigono ristoranti o alberghi, si occupano della cura e del benessere della persona o danno un tocco originale al Made in Italy nel mondo della moda. È di ben il 70% l’impresa femminile italiana che opera nei cinque settori produttivi trainanti nell’economia nazionale (commercio, agricoltura, servizi di alloggio e ristorazione, altre attività dei servizi e manifattura).
Le regioni che producono maggiormente al femminile sono Molise, Basilicata e Abruzzo mentre in Trentino Alto Adige, Lombardia e Veneto si registra l’incidenza più bassa. La Campania è terza con un tasso di femminizzazione pari al 23%.. Cambia leggermente lo scenario della Campania
Rispetto al 2015, la provincia di Napoli passa da 48.563 a 49.453 imprese, pari al 4.3% del tessuto produttivo locale. In provincia di Salerno sono invece attive 24mila imprese (pari al 2.1 per cento del dato complessivo), in provincia di Caserta le imprese a conduzione femminile attive ammontano a 19.354 (pari all’1.7% del tessuto produttivo complessivo) per 26.417 unità occupate.
Performance positiva anche per l’Irpinia, dove operano 11.944 (pari all’1% del tessuto produttivo totale) per un’occupazione di 15.068 persone. Nel Sannio sono infine attive 9.525 imprese rosa: anche in questo caso il dato è in crescita e passa dallo 0.3 allo 0.8 per cento di incidenza sul numero complessivo di aziende attive. Gli occupati ammontano invece a 12.134
È infatti nel mezzogiorno che si registra una maggiore presenza femminile soprattutto nel comparto artigiano, nel settore manifatturiero, su un totale di 97mila imprese femminili registrate, ben 57mila sono artigiane. In pratica, il 58,6% delle donne che guida una impresa manifatturiera ha scelto la forma dell’impresa artigiana, anche se l’artigianato in “rosa”, con le sue 216.708 imprese registrate a fine 2016, rappresenta soltanto il 16% del tessuto imprenditoriale.
Nel settore della ristorazione, ad esempio sono 172 mila le imprese del settore che hanno una donna alla guida, il 54% del totale (50,8% ristoranti, 48,2% bar e 1% mense e catering) per un valore più che doppio rispetto a quello riferito all’intera economia.
L’artigianato Pink ha una maggiore presenza nelle Marche, in Emilia Romagna, Lombardia e Friuli Giulia, dove 21 imprese femminili ogni 100 attività guidate da donne sono artigiane, quindi in Veneto, Toscana e Piemonte, dove lo sono mediamente 20 su 100.
Interessante constatare come le imprenditrici straniere rappresentino il 9,6%, quelle di orgine cinesi (20,3%), cui seguono le romene (9,9%), le marocchine (6,8%), le svizzere (5,8%) e le tedesche (5,1%).
Quindi non sono imprese rosa ma multietniche
A cura di Anna Zollo
Direttore editoriale www.frodialimentari.it