“Il cinema è bello se riesce a leggere la realtà” questo diceva il grande Ettore Scola , regista e sceneggiatore di “C’eravamo tanto amati” scomparso nel 2016. Quella stessa realtà che a Scola è valsa una nomination agli Oscar nel 1977 con “Una giornata particolare”, insieme a Maurizio Costanzo e Ruggero Maccari, e che verrà reinterpretata nello spettacolo teatrale dal nome “6 maggio 1938” venerdì 27 aprile alle ore 21:00, presso il Teatro Il Piccolo di Cava de’ Tirreni. Uno spettacolo che mette in piedi la drammaticità di un evento storico che ha cambiato le sorti dell’Italia fascista.
TRAMA
Roma, 6 maggio 1938. Hitler viene accolto da decina di migliaia di uomini, donne e bambini italiani alla presenza di Vittorio Emanuele III e dal Primo Maresciallo dell’Impero, Benito Mussolini. In un caseggiato popolare, Luciana, moglie disfatta da sei maternità e da un marito che la trascura, pur essendo fascista convinta e grande ammiratrice del Duce, è costretta a rimanere a casa per occuparsi delle faccende domestiche. Quando il suo pappagalletto esce dalla gabbia e si adagia sulla finestra della casa di fronte, Luciana è costretta a bussare alla porta del solitario proprietario che, diversamente da tutti, non è accorso ad assistere alla parata in onore del Fuhrer. Antonio è un affascinante annunciatore radiofonico verso cui Luciana prova da subito un’attrazione fortissima. I due s’inseguono per tutto il tempo cercando di consolare le loro pene. Quando Luciana però scopre le vere tendenze politiche dell’uomo, non riesce a placare il suo desiderio verso una persona così controversa ed “insolitamente” gentile, riuscendo a scoprire il vero segreto di Antonio.
Una storia che ha come protagonisti gli emarginati del regime totalitario fascista e che mette al centro i disagi e le conflittualità delle donne e degli omosessuali. Nel Teatro Piccolo di Cava de’ Tirreni prenderanno il posto di Sophia Loren e di Marcello Mastroianni rispettivamente Anna Rapoli e Marco Abate, sceneggiatura di Valeria Emanuele e regia di Guglielmo Lipari.
“Il testo messo in scena va analizzato strutturandolo su una linea verticale dove spazio e tempo sono ridotte all’osso e tutto è basato sulla profondità emotiva ed intima dei personaggi, due infelicità incomprese, due sconfitti. Su questa linea vanno poste una macrostoria, costituita da tutte le informazioni riguardanti l’epoca, il contesto storico in cui è ambientata, lo sfondo politico relativo, – spiega Guglielmo Lipari, regista di 6 Maggio 1938 – lo status sociale della donna, e una microstoria situata al suo interno, l’incontro di due solitudini incomprese che soffrono di questa problematica, lei nell’insofferenza patita dal suo ruolo, lui nell’omosessualità e nella difficoltà di potersi mostrare per come realmente è. È una messa in scena che lavora sulla sottrazione: di colori (smunti, slavati), di ambienti (siamo all’interno di una casa), di titolo (si svolge in un arco temporale di appena poche ore) e di dialoghi (giocati sul non detto). Il nostro compito è quello di scandagliare l’animo umano e di contestualizzarlo nel sentire dell’epoca, fornendo una potente riflessione sul tempo e su come due punti di vista inizialmente inconciliabili, finiscano entrambi per avvicinarsi e coincidere soli, come entrambi vittime del regime mussoliniano.”