Teatro di Ateneo
30 aprile 1945
atto unico di Luca Frozen Cresci
regia di Gaetano Stella
30 aprile 2014
ore 10.30
Spettacolo teatrale gratuito
Ultimo appuntamento del ciclo “Shoah, raccontare per ricordare”, ideato da Vincenzo Raimondo Greco, approvato dal Consiglio di Amministrazione e dal Senato Accademico dell’Università di Salerno e reso possibile grazie all’impegno di un nutrito comitato: Fabrizio Denunzio, Luigi Frezza, Stefano De Matteis, Luca Cerchiai, Bianca Arcangeli, Beatrice Benocci, Alessandra Gonzales, Giovanna Di Troia, Michaela Sica, Rita Di Simone, Gianpaolo D’Elia, Marta Mango e Giuseppe Mansi.
La fine di un incubo? è il titolo che gli organizzatori hanno dato alla giornata che si svolgerà il 30 aprile, a partire dalle ore 10.30, presso il teatro di Ateneo.
Ad introdurre quest’ultimo incontro sarà Ileana Del Bagno, docente di Storia del diritto moderno e contemporaneo presso l’Ateneo salernitano, mentre le conclusioni sono affidate a Ottavio De Grazia, ebraista e autore del libro “Shoah e bioetica”.
A fare la parte del leone sarà lo spettacolo teatrale 30 APRILE 1945, atto unico di Luca Frozen Cresci per la regia di Gaetano Stella.
Nello spettacolo, rappresentato per la prima volta nell’ambito della Rassegna di Cultura Ebraica pugliese “Lech Lechà” di Trani, gli attori dall’Accademia dello Spettacolo e del Musical di Baronissi personificano il dialogo tenutosi negli inferi, tra i due luogotenenti del male Minossee Iago e il Principe (il diavolo), prende avvio con undici rintocchi, il giorno è quasi terminato e il Principe delle tenebre attende i suoi per il rapporto sulle anime giunte negli Inferi.
Una triste notizia colpisce l’animo malvagio del demonio, il capo dell’esercito suo amico è giunto tra loro. Il Genio lo chiamano laggiù, nel regno del male è questo il nome di colui che ha distrutto un popolo e segnato il mondo con la sua perfidia e cattiveria maniacali. Il 30 aprile 1945, data della morte di Adolf Hitler, segna una svolta nel regno del male, inizia così lo spettacolare dibattito tra il Principe che giudica il bene come “l’alibi dei deboli” e i suoi consiglieri, Iago e Minosse per il quale “non conta più ciò che le cose sono, ma quello che sembrano“.
La pièce si conclude con la sottile escamotage di confezionare l’odio nell’amore, prevedendo un successo del primo, di cui solo l’uomo con la sua costante distrazione potrà dirsi colpevole.
Un’insolita lettura del più crudele massacro di tutti i tempi, una Shoah(in ebraico “distruzione” “desolazione”), che ritrova il suo significato nel terzo millennio, l’era dell’esasperazione della concretezza e dell’essenza della vita, nella vanificazione narcisistica di quanto rimane di vero e bello, l’amore.