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ILVA: SALUTE, LAVORO, DIRITTO

Il caso Ilva ha squarciato l’ipocrito velo che malamente ha coperto sinora il tema a tre lati diritto, salute, lavoro, mettendone a nudo la fragilità da impotenza.
Si è infatti delegato al diritto – ed a quello pena le, per di più – lo sconcertante contrasto tra bisogni di pari rango costituito dal conservare una buona salute e preservare la dignità mediante il lavoro.
Di fronte all’impotenza di risolvere l’assurdo contrasto della frontale opposizione tra lavoro e salute è intervenuta l’auctoritas penale. Suscitando non poche perplessità, attesa la particolare materia con cui si è dovuta confrontare.
Per il diritto penale non è sufficiente che sia verificata l’idoneità di un fattore (per es.l’esposizione ad una sostanza nociva) a provocare un determinato evento – causalità generale -, ma è necessario che sia provato in concreto che quel fattore causale abbia provocato l’evento (per es. la malattia professionale al singolo lavoratore che ha subito l’esposizione).
Per accertare l’esistenza della causalità generale (e non dunque individuale!) si ritiene che uno strumento di indagine efficace sia costituito dalle indagini epidemiologiche (quelle a base del processo di Taranto) che debbono, così, costituire solo il presupposto perché possa procedersi all’indagine sulla causalità individuale.
Il quesito al quale bisogna rispondere è se però tali indagini siano utilizzabili con sufficiente ed adeguata garanzia nel dibattimento penale, il cui ben delimitato confine è la responsabilità del singolo.
Si consenta il solo esempio della cosiddetta mutifattorialità della malattia: deve osservarsi che questo aspetto richiede un accertamento rigoroso sull’esistenza di fattori alternativi al rischio; accertamento non pretendibile dalla analisi penalistica.
Si pensi al caso di tumore polmonare in cui sia necessario accertare se la persona offesa fosse fumatore; nel caso di mesotelioma se avesse subito una terapia a base di radiazioni ionizzanti; nel caso di angiosarcoma epatico se fosse stato sottoposto all’esposizione di arsenico.
Come afferma Stella, mutamenti epocali hanno posto in modo scientifico di fronte a nuovi fini e a nuovi valori, minando alle radici molte sicurezze su cui la vita collettiva si fondava.
La modernità con le sue minacce all’ambiente e la stessa mancanza di certezza della scienza circa le conseguenze legate al connesso progresso tecnologico ed all’incontrollato sviluppo economico in termini di collasso degli assetti istituzionali di sicurezza, impongono anche il diritto di compiere passi in avanti.
Forse, però, sarebbe preferibile pretendere un’accelerazione in tale direzione da parte delle discipline lavoristica ed amministrativa, prima ancora che da quella penale, onde meglio curare l’aspetto della prevenzione e lasciare angusto margine alla repressione a quest’ultima congeniale e solo laddove abbia la certezza ogni altro ragionevole dubbio della raggiunta responsabilità.

AVV.CECCHINO CACCIATORE