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Il Tar del Lazio boccia la nomina di cinque dei venti nuovi super-direttori, anche stranieri, dei musei italiani. Ira del ministro della Cultura Dario Franceschini.
“Il mondo ha visto cambiare in 2 anni i musei italiani e ora il Tar Lazio annulla le nomine di 5 direttori. Non ho parole, ed è meglio…“. Così il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, commenta la notizia – anticipata dal Sole 24 Ore – secondo cui il tribunale amministrativo ha bocciato la nomina di cinque dei venti direttori dei super-musei.
Secondo il quotidiano, “il Tar ha ritenuto che non ci fossero le condizioni per aprire le selezioni a candidati internazionali e sette dei direttori sono stranieri, tra i quali quelli del parco archeologico di Paestum e del Palazzo Ducale di Mantova, interessati direttamente dal verdetto del Tar”.
La riforma dei musei voluta dal ministro dei Beni culturali Dario Franceschini rischia di tornare al punto di partenza. Il Tar del Lazio con due sentenze ha infatti bocciato, cinque delle venti direttori dei supermusei e le nomine per conseguenza sono state annullate.
Tre i punti fondamentali che hanno convinto i giudici ad accogliere il ricorso di altri candidati: “Il bando della selezione non poteva ammettere la partecipazione al concorso di cittadini non italiani in quanto nessuna norma derogatoria consentiva di reclutare dirigenti pubblici fuori dalle indicazioni tassative espresse dall’articolo 38. Se infatti il legislatore avresse voluto estendere la platea di aspiranti alla posizione dirigenziale ricomprendendo cittadini non italiani lo avrebbe detto chiaramente. Nel testo firmato dal presidente Leonardo Pasanisi e dal consigliere Francesco Arzillo si parla della illegittimità di come si è svolto il concorso: “a rafforzare la sostenuta illegittimità della prova orale, la circostanza che questa ultima si sia svolta a porte chiuse” mentre in altri punti di parla di criteri magmatici nella valutazione dei candidati.
I ricorsi (IlSole24Ore)
Secondo i giudici della sezione seconda-quater del Tar, infatti, le procedure di selezione sono viziate in più punti, come è stato evidenziato nella disamina dei due ricorsi, uno presentato da una candidata alla direzione di Palazzo Ducale e della Galleria Estense di Modena e l’altro di un candidato al ruolo di direttore di Paestum e dei musei archeologici di Taranto, Napoli e Reggio Calabria. Si poteva, infatti, correre per più posizioni.
Nella prima e più articolata sentenza (n. 6171/2017) i magistrati hanno puntato il dito contro i criteri di valutazione dei candidati ammessi, dopo la selezione dei titoli, al colloquio, dal quale è scaturita, per ciascun museo, una terna sulla base della quale il ministro e il direttore generale dei musei hanno poi scelto il direttore. Criteri dalla natura «magmatica», che non consentono, hanno scritto i giudici, di «comprendere il reale punteggio attribuito a ciascun candidato». Censura riproposta anche nell’altra decisione (la n. 6170).
Ci sono, però, altri due motivi proposti dalla prima ricorrente e ritenuti fondati dal Tar. Intanto, il fatto che il colloquio sia avvenuto a porte chiuse (alcuni candidati sono stati sentiti, senza la presenza di uditori estranei, via skype perché in Australia o negli Stati Uniti). Invece, ha sottolineato il Tar,«occorre che durante le prove orali sia assicurato il libero ingresso al locale». Infine, il bando «non poteva ammettere la partecipazione al concorso di cittadini non italiani», perché nessuna norma derogatoria consente al ministero di reclutare dirigenti pubblici Oltralpe. La conseguenza è che le selezioni dei cinque musei interessati sono annullate, con «inevitabile travolgimento “di riflesso”» degli atti di nomina degli attuali direttori.